Subito dopo l’11 settembre, Arafat è stato difeso dall’amministrazione americana, poi qualcosa è cambiato, Arafat è stato abbandonato e Sharon ha avuto via libera. Come lo spiega?
Quello che è successo è abbastanza strano perché le prime reazioni a vivo dopo l’11 settembre per quel che riguarda il vicino Oriente facevano intendere che l’amministrazione americana avesse chiaro che non si poteva fare, nello stesso tempo, la guerra in Afghanistan e quella a fianco di Israele nel vicino Oriente. La prima reazione fu quella di dire a Sharon: “Lasciate in pace Arafat”. Tanto più che Arafat si era schierato platealmente dalla parte delle vittime americane, non dando adito ad alcun sospetto di coinvolgimento nell’attentato dell’11 settembre. Sharon, invece, ha fatto immediatamente il parallelo fra Bin Laden e Arafat, che è semplicemente mostruoso, e in poco tempo è riuscito a trascinare l’America dietro di sé, a far cambiare punto di vista all’America. Il risultato è stato un disastro assoluto.
Ma la linea di Israele qual è?
Israele pretende allo stesso tempo da Arafat che faccia da polizia e che non si muova da Ramallah. Si è nella contraddizione più assoluta: come si può pretendere che Arafat dia ordini per liquidare terroristi reali o immaginari mentre lo si tiene prigioniero a Ramallah? Qualcosa evidentemente non funziona in questa posizione.
Come immagina che si possa venire fuori da questa impasse?
Non si può venirne fuori se a fronteggiarsi sono le due soluzioni radicali, quella che prevede l’espulsione di tutti i palestinesi (è quello che sosteneva il ministro assassinato dai palestinesi) e quella che prevede la distruzione di Israele (che anche se per il momento non è in programma, è augurabile per un certo numero di palestinesi). Resta una terza possibilità che è la coesistenza, ma si vede subito che anche per quanto riguarda questa terza via, le divergenze sono radicali: ci può essere una coesistenza di tipo sudafricano (del Sudafrica di prima della fine dell’apartheid) che è quella che vorrebbe Sharon, oppure una vera coesistenza pacifica, che a sua volta si può fare in due modi: con uno stato federale, quello che sognava la sinistra, oppure due stati separati. Per anni ci ho creduto, ora ci credo sempre meno. Quando posi la domanda a Golda Meir nel luglio ‘67: “Where to put it”, “dove metterlo?”, non sapeva rispondere, diceva che bisognava tenere Gaza, le interessava il programma di Nasser, per il resto non vedeva niente. Io sono sempre più convinto che la sola forma sia quella della federazione o confederazione. Bisognerà, certo, passare attraverso la creazione di uno stato palestinese affinché i palestinesi siano consapevoli di esistere, ma lo stato palestinese non potrà essere disarmato, come pensano gli israeliani. Personalmente continuo a pensare ad una soluzione federale del tipo di quella belga.
Per quello che hanno subito nel 1948 i palestinesi hanno diritto a un riconoscimento?
E’ evidente che tale riconoscimento è necessario.
Lei ha detto che l’uso della shoah da parte di Israele è stato un gravissimo errore…
Lo penso ancora. Per anni si è dichiarato che Arafat era una specie di Hitler. Oggi si è sostituito Hitler con Bin Laden, e non è molto più serio.
C’è un ritorno dell’antisemitismo?
C’è un antisemitismo di guerra nei palestinesi come c’è un razzismo di guerra negli israeliani. Quello che è più preoccupante è che nelle periferie di Parigi, Marsiglia o Lione c’è una certa tendenza ad assimilare ebrei e sionisti, e le posizioni delle autorità ebree in Francia hanno dato adito a questa tendenza nella misura in cui hanno incondizionatamente solidarizzato con Israele.
Si è parlato anche di un’integrazione di Israele nell’Europa?
E’ Adriano Sofri che ha suggerito l’idea di un’adesione di Israele all’Europa. Ora, è vero che le élites israeliane sono europee, ma non vedo in che modo l’entrata di Israele in Europa risolverebbe il problema. Io non ci credo. L’altra soluzione è evidentemente l’integrazione nel Medio Oriente che si può fare solo in modo federale o confederale. Certo, il Medio Oriente deve trovare la via dello sviluppo e Israele può contribuirvi, e anche le forze che ora si concentrano su Israele potrebbero portare aiuto all’insieme del Medio Oriente. Dubito, però, che possa farsi.
Tutta l’area rischia di precipitare nel caos?
Non c’è dubbio che il problema di fondo è per quanto tempo l’Arabia Sa ...[continua]
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