I brani che seguono -il capitolo riguardante la campagna xenofoba inframmezzato dalle note biografiche dei Savi- sono stati estratti dalla memoria presentata dalle parti civili al processo contro i componenti della Uno Bianca. L’autore della memoria è l’avvocato Alessandro Gamberini.

Il teatro di operazioni della banda comprende le province di Bologna, Forlì, Rimini e Pesaro. La provincia più colpita, dov’è avvenuto il 50% dei delitti, è quella di Bologna. Circa novanta di questi delitti consistono in rapine, tentate o portate a termine. Altri dieci delitti riguardano omicidi ’puri’, tentati o portati a termine. La maggior parte di queste azioni omicidiarie ’pure’, cioè senza alcun fine di lucro, riguarda extracomunitari e nomadi.
Il bottino totale rapinato in otto anni dalla banda ammonta a circa 2 miliardi e 170 milioni di lire. Le vittime della banda, collegate o meno a rapine, sono state superiori al centinaio, più precisamente 23 morti e circa 90 feriti.
Il lungo elenco delle azioni compiute dal 1987 al 1994 ci fa capire che la banda ha operato a lungo e contro tanti obiettivi. Prima dell’arresto dei componenti della banda, gli inquirenti e la stampa avevano parlato della banda della Regata, poi di banda delle Coop, infine di un altro gruppo responsabile delle azioni razziste. Con l’arresto dei banditi, si è presto scoperto che si era trattato di una sola banda che aveva colpito diversi bersagli.
Elio Graziano, dirigente della polizia scientifica della Questura di Bologna, si è avvicinato al problema, quando ha affermato che si aveva la sensazione che la banda della Uno bianca operasse "per successive ondate". In realtà, la banda pensa ed agisce in modo militare. Fra le "campagne" che porteranno avanti quella dei caselli, quella degli uffici postali, quella delle coop. Tre membri della banda fanno parte di un unico nucleo familiare, si tratta dei fratelli Savi. Il capo della banda è stato Roberto Savi. Dalle analisi balistiche e dai riconoscimenti dei testimoni risulta anche che il nucleo duro della banda è stato costituito da Roberto Savi e da suo fratello Fabio.

L’azione di Santa Caterina del 10 dicembre 1990 rappresenta l’inizio della campagna della xenofobia che si sviluppa nell’inverno 1990-91. La campagna è programmaticamente priva di obiettivi economici e viene immediatamente recepita dall’opinione pubblica per la sua alta valenza politica e terroristica.
Dal 1989 al 1990 Bologna ha conosciuto un significativo aumento della microcriminalità. I furti negli appartamenti sono addirittura triplicati. Sono aumentati dal 20 al 40% (grazie anche all’impegno della banda Savi) scippi, furti d’auto, consumo di droga, omicidi e rapine. E contemporaneamente sono aumentati anche i nomadi e gli extracomunitari che soggiornano a Bologna. Ai tradizionali zingari sinti, romagnoli da secoli, si sono aggiunti gli zingari di origine slava. Nel giro di un anno, i nomadi dimoranti a Bologna sono passati da 700 a 1.500. Poi ci sono 3.000 extracomunitari, di pelle chiara e scura. Tra i primi -quelli che Fabio e Alberto Savi chiamano "schifosi"- ci sono immigrati di origine araba, come tunisini, marocchini, ecc. Tra i secondi -i "negri" nel linguaggio comune e in quello della banda- ci sono persone provenienti dalle originarie etnie africane. Bologna è per questi immigrati una città più accogliente delle altre. A Bologna sembra esserci più tolleranza, anche se il flusso fa straripare le precedenti pianificazioni.
I campi attrezzati per i nomadi sono due, a cui vanno aggiunte altre tre aree di sosta legalizzata, ma senza servizi. Sono strutture progettate per 500 nomadi, non per il triplo. Così, le nuove carovane di zingari arrivano a Bologna e si fermano dove trovano un pezzo di terra. Nell’inverno del 1990 i campi nomadi sono già una ventina, tre quarti dei quali illegali.
Gli extracomunitari, che non si muovono portandosi la casa dietro, sono stipati in vecchi locali, anch’essi sparsi per la città.
I nomadi fanno lavori itineranti e marginali (raccolgono e vendono rottami oppure fanno i giostrai), quando non vivono di elemosine. Molti di loro sono specializzati nei furti d’appartamento. Gli zingari, in genere, non si dedicano alla criminalità violenta. Gli atti di violenza degli zingari avvengono all’interno della loro comunità. Anche tra gli extracomunitari di origine africana c’è chi trova un lavoro legittimo, ma c’è anche chi vive di illeciti. Il flusso di nomadi ed extracomunitari ha provoca ...[continua]

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