questa settimana sono stata in una biblioteca insieme a un gruppo di bambini impegnati a creare una versione letteraria dei calendari dell’avvento di Natale. C’era abbondanza di lustrini e colla, e discorsi che parlavano di interi giorni consacrati a mangiare cioccolata e passati ad agognare Xbox (i maschi). Alle femmine non importava negoziare in anticipo i futuri doni. L’idea alla base era di apporre versi poetici dietro alle finestrelle di cartone dei calendari; ma alcuni versi si sono rivelati molto corti, mutati in liste di desideri. Poi una bambina ha trasformato la tavola rotonda del "Cosa voglio per Natale”: se Natale fosse una sedia -ha detto- sarebbe una sedia comoda, con il buio agli angoli e le ombre sotto. Non tutti passano un bel Natale, ha detto questa ragazzina di dieci anni, e inoltre c’è da pensare a Gesù. A quel punto, un’altra bambina, ricordandosi che siamo in inverno, ha scritto qualcosa sulla nebbia ghiacciata. La visione della cioccolata si è dissolta, e le stelle e il pungitopo sono tornati a insinuarsi nel nostro lessico, rendendo i calendari dell’avvento una meraviglia. All’ordine del giorno c’era anche il donare: la vecchia e infiorettata omelia di memoria metodista che recita "meglio donare che ricevere”. Per quanto possa apparire strano, si tratta di un riflesso della nuova miseria vittoriana creata dall’austerità; i più poveri, colpiti a fondo dai tagli, si sono certamente privati più di tutti gli altri. L’idea che dare agli altri sia meglio che ricevere è stata accolta con qualche difficoltà dai bambini: impensabile rinunciare ai brividi che dà la vista dei regali posti sotto l’invenzione vittoriana dell’albero di Natale. Eppure mi ha fatto pensare alla voglia di donare che si riscontra tutti i giorni, nel Regno Unito, a livello del popolo: indipendente, senza guida, naturale.
La società sembra aver capito che la generosità verso i bisognosi e coloro che sono colpiti da disastri ambientali esiste da molto prima dell’idea della "Big Society”, di cui fu promotore David Cameron durante il suo primo mandato. Quell’idea si è sciolta come neve, ha fatto la fine del suo slogan "Abbraccia uno col cappuccio” (riferito ai ragazzi con la felpa col cappuccio) e -in questo momento di bisogno senza precedenti- dell’affermazione che il governo in carica sarebbe il più ecologista della storia della Gran Bretagna. Tutte promesse incartate con decorazioni scintillanti eppure, per qualche motivo, rimaste fuori dal sacco di Babbo Natale. Come può esistere una "Big Society” quando i servizi pubblici a supporto della società e i suoi elementi più vulnerabili vengono spazzati via? Lo Stato sta irrimediabilmente riducendosi a una miniatura di ciò che era un tempo.
Tuttavia, coloro che donano sono una costellazione. Nel Regno Unito, secondo i dati dell’associazione nazionale delle organizzazioni di volontariato, tali associazioni ammontano a 2,5 ogni mille persone. Eppure sono sicura che non coprano tutto il fenomeno del donare e che non riescano a stare al passo con la sua portata creativa. Esistono le grosse istituzioni benefiche -da Save the Children a Oxfam- ed esistono le azioni di tutti i giorni. Un tempo vivevo accanto a una donna che non si era mai sposata; una donna della generazione che ha perso il futuro in guerra, mentre i giovani morivano sui campi di battaglia.
Non faceva che lavorare a maglia: cappelli, coperte, guanti e pagliaccetti da donare alle vittime di disastri, da inscatolare e spedire ai bambini poveri in Romania. Dall’altra parte della strada vive un uomo che sta per andare in luna di miele, dove spenderà le 18.000 sterline che ha accumulato con pazienza vendendo libri nei fine settimana per comprare attrezzature e medicine per gli asmatici del Vietnam. Il ragazzo del negozio all’angolo, insieme a un gruppo di amici, ha organizzato un suo convoglio di aiuti per fornire coperte e cibo, scarpe e stivali: un carico umanitario da consegnare alla "Giungla” di Calais. Se pensa alle condizioni di quella gente, non riesce a chiudere occhio. Una pensionata affetta dal morbo di Parkinson ha passato quattro giorni a Calais a distribuire panini, guadagnandosi l’appellativo di "Madre della Giungla”.
Se gli abitanti della Cumbria -colpita da tempeste e inondazioni- hanno pianto, non è stato per le loro perdite, ma per la bontà delle azioni di sconosciuti, per il modo in cui i soccorsi hanno operato 18 ore al giorno per salvarli. Non hanno pianto perché stavano r ...[continua]
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