Cari amici,
è difficile scegliere un inizio. Questo mese invernale, così come il nostro passato più roseo, ci è sfuggito di mano. Ogni nuovo giorno porta con sé la normalizzazione di qualcosa che prima era inaccettabile, con l’aiuto di un pizzico di miopia in bianco e nero. Le cose vanno così, e io faccio due passi fino in banca. Oggi i giudici della Corte Suprema pronunciano la sentenza su chi impugnerà l’articolo 50, l’arma che darà il segnale di partenza per l’uscita dalla Ue. La decisione della maggioranza è che il parlamento ha il diritto di pronunciarsi con un voto. È assolutamente corretto. I giudici non si stanno esprimendo sulla Brexit in sé, bensì sui regolamenti che governano la nostra democrazia, e mi ha scioccatola reazione di così tanti esponenti del governo e del "popolo”. I giudici hanno decretato la sovranità del nostro parlamento -del "popolo”, in altre parole-, eppure i "campioni della Brexit” si infuriano contro questa decisione e contro i giudici indipendenti che non fanno altro che il proprio lavoro e difendono la democrazia.
In banca, mentre la gente fa la fila, alcuni schermi televisivi trasmettono le ultime notizie. Quasi nessuno presta attenzione, ma io sì: apprendo della decisione e mi lascio sfuggire un "Bene!”: la sentenza è ragionevole e si rifà alla tradizione parlamentare, indietro nel tempo fino alla Magna Carta. La cassiera mi lancia uno sguardo ostile; cerco di spiegarmi ma non serve. So bene che la sua ostilità si estende a qualsiasi argomentazione non sia la sua. Come se nutrire dei dubbi fosse un crimine.
Gina Miller, una giovane donna d’affari, è stata alla guida dei querelanti. Non era sola, ma occorre che sulle pratiche della corte vi sia soltanto un nome e così è stato scelto il suo. E comunque, quando l’abuso è iniziato, tutti gli uomini se la sono svignata, così Gina Miller è rimasta sola. Non avrebbe mai dovuto occupare quella posizione. Ha resistito per proteggere il potere del "popolo” -probabilmente la parola più seviziata del secolo- ma dopo appena un mese, per quanto assurdo possa sembrare, è rimasta vittima di minacce e adesso non può più presentarsi in pubblico con i figli o perfino recarsi in ufficio. Lei stessa dice di essere la donna più odiata della Gran Bretagna. Una passante ha detto che dovrebbero arrestarla. Per aver difeso la democrazia?
Gina, come molte delle donne che fanno sentire la propria voce, è stata brutalmente attaccata.
Un recente sondaggio di Radio 5, dell’emittente Bbc, ha rivelato che il 90% delle deputate britanniche ha subìto molestie su Internet. La deputata laburista Jess Philips ha ricevuto 600 tweet di minacce sessuali in una sola notte. Ha chiesto la costruzione di una stanza bunker in casa e si sposta con un dispositivo d’allarme. La deputata Jo Cox è stata assassinata con un brutale gesto d’odio: ha ricevuto tre colpi d’arma da fuoco e quindici coltellate. Eppure queste donne non si arrendono neanche per un istante alla nuova misoginia. Sono determinate e coraggiose. E quindi?
Se dobbiamo chiederci qualcosa, dopo l’ultimo mese di interrogativi, una domanda lecita riguarda senz’altro le radici di tutto questo odio. Così ho seguito i notiziari e mi sono chiesta se fossi finita in un universo alternativo; ma forse non è così. In un’era in cui il bestiale Donald Trump, che afferra le donne "per la passera”, viene eletto presidente, è scontato che le donne di questo paese possano essere lasciate a casa perché non indossano i tacchi alti, abitudine che, chiedetelo a un qualsiasi podologo, sfascia i piedi e assicura un avvenire ricco di miseria spinale. Ho traballato anch’io sui tacchi a spillo e posso dire che non incoraggiano la libertà di movimento. Siamo nel 2017 e le donne che svolgono certe professioni vengono licenziate perché non sfoggiano i tacchi, sono obbligate a truccarsi e a farsi bionde, a sessualizzare il proprio aspetto: "Sbottonati un po’, bella”.
Le nostre ragazze si trovano ad affrontare sfide enormi. Riescono meglio dei ragazzi a scuola e all’università ma finiscono per guadagnare decisamente meno, e il divario retributivo che rende le lavoratrici più povere degli uomini di migliaia di sterline l’anno non sembra essere minimamente affrontato. Stando alla commissione parlamentare sulla parità, il 50% di tutte le studentesse del Regno Unito, inclusa la scuola primaria, devono fare i conti con molestie e veri e propri abusi sessuali proprio nei luoghi di istruzione.
Il bullismo sessuale è ...[continua]

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