Cesare Moreno
Giornali nazionali, televisioni di Stato e private, radio, Iso radio -dovesse sfuggire qualche automobilista- martedì 17 dicembre 1996, a 36 ore dal fatto -lunedì c’erano le partite e c’era il rischio che la notizia non risaltasse abbastanza- annunciano trionfanti e con dovizia di particolari che due pedofili, gestori di un istituto per minori, sono stati fermati a Napoli. Tempo altre 24 ore, il giudice non convalida il fermo e li scarcera per non aver commesso il fatto.
Salvatore Afflitto e Giacomo Carosi non passeranno alla storia come Sacco e Vanzetti, come tanti altri condannati “politici“: hanno fatto “solo” tre giorni di galera; sono stati bersagliati con un reato particolarmente infamante; quello dei due che è in politica lo è in un partito che da cinquant‘anni, prima come socio di maggioranza ora come socio di minoranza, è al governo. Eppure la loro vita è segnata, come e più di altre, da questa vicenda; eppure i meccanismi di potere, la cultura politica, i comportamenti personali che sono alla base della violenza operata nei loro confronti, sono gli stessi che continuano ad operare in troppe manifestazioni della vita sociale e politica del nostro paese: si tratta dello stesso meccanismo che ha ridotto in condizioni di sudditanza e di schiavitù intellettuale interi popoli. Quel che risulta particolarmente rivoltante è che tutto questo avvenga “in un bicchier d’acqua“, in una minuscola frazione del nostro paese che si chiama San Giovanni a Teduccio, e in una frazione ancora più minuscola che ruota intorno, nientemeno, che ad un Istituto per l’assistenza ai ragazzi in condizioni difficili. Quegli stessi ragazzi che appartengono al gotha della miseria materiale e dell‘emarginazione culturale del quartiere, al gotha delle famiglie criminali della zona. Se intorno a questa piccola struttura può verificarsi una lotta senza esclusione di colpi, che mette in discussione l’esistenza fisica delle persone -perché questa è la tragedia che aleggia ancora sui nostri due amici-, cosa potrà accadere intorno a ben altri centri di potere? Se questa è la “base“ del sistema di potere che opera in Italia, quali speranze ci sono? Non ce l’ho con i mass media, sono da tempo al di sotto di qualsiasi sospetto; ce l’ho con chi decide di servirsene, con chi cinicamente decide di usare la loro forza distruttiva per una posta in gioco che è veramente misera. Così non mi colpiscono più gli omicidi di camorra, mi colpisce la futilità dei motivi, le tariffe popolari che vigono per commettere un omicidio. Per quel che mi riguarda, il confine tra civiltà e barbarie si è spostato molto indietro; mi accontenterei che le tariffe per un omicidio fossero alla portata di pochi, che il massacro morale delle persone fosse limitato solo a quelli che volontariamente decidono di accedere ai centri di potere forte.
Salvatore e Giacomo hanno assaggiato sulla loro pelle quello che subiscono i tossici, le prostitute, i viados, i violentatori di sorelle e di figlie, gli stupratori di bambini. Noi viviamo in un paese che all’infamia dei violentatori aggiunge l’infamia della violenza sui violentatori, e l’infamia del silenzio e della condiscendenza nei confronti di chi dovrebbe, per conto del cittadino, garantire che la giusta vendetta pubblica nei confronti dei criminali sia attuata in modo che non si allarghi il cerchio dell’infamia, mentre invece, a sua volta, esercita violenza e vendetta privata. “Qui non si prega” hanno detto i carcerieri, “lasciate ogni speranza voi ch’entrate” scriveva il poeta. Questa frase da sola è più violenta di qualsiasi pestaggio; qui non si tratta della “deviazione“ di un singolo, di un responsabile da punire, si tratta di un pensiero che si forma spontaneamente dentro un inferno vissuto da carcerieri e carcerati, che degrada parallelamente l’umanità di entrambi. E la nostra?


Salvatore Afflitto
Tutto è cominciato un anno fa, io ero consigliere circoscrizionale a San Giovanni e una mattina venne un folto gruppo di genitori per chiedere la destituzione del presidente dell’Istituto Famiglia di Maria. Fino ad allora di lui sapevo solo che non ci aveva aiutato per niente quando dovevamo fare una recita di Natale con bambini “indesiderati“ dal vecchio parroco, per cui finimmo per fare la recita in strada.
Quando vennero questi genitori con una petizione abbastanza forte, in cui dicevano che questo istituto non faceva assolutamente niente verso i bambini non ebbi difficoltà a credere loro.
Da ...[continua]

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