Jean-Claude Chesnais, ricercatore presso l’Istituto di studi demografici di Parigi, insegna alla John Hopkin’s University di Bologna. Il libro di cui tratta l’intervista è Le crépuscule de l’Occident. Démographie et politique, Robert Laffont, 1995.

Lei ha dedicato il suo libro al crepuscolo dell’Occidente, ma in che senso si può parlare di un crepuscolo demografico del nostro mondo?
La storia degli ultimi 500 anni, da Cristoforo Colombo fino alla seconda guerra mondiale grosso modo, può essere vista come la storia della progressiva occidentalizzazione del pianeta, in seguito al crescente imporsi della civiltà europea sulle altre civiltà. Innanzitutto, il fattore decisivo che ha presieduto a questa espansione secolare del mondo europeo è la straordinaria espansione demografica conosciuta dal mondo occidentale, non solo nell’Europa vera e propria, ma anche nelle Americhe, nel Pacifico, in Australia e nell’Africa del Sud, che possono essere considerate propaggini del mondo europeo. La popolazione europea cresceva ad un ritmo più rapido di quella degli altri continenti, perché nel nostro continente cominciava a manifestarsi una prima organizzazione politica con la nascita degli stati nazionali che esercitano un controllo diretto sul territorio e sulla popolazione che rientrano nei loro confini. E’ il caso di Francia e Inghilterra.
Quindi, mentre l’Europa comincia ad essere organizzata socialmente e politicamente, negli altri continenti domina il caos. Tutto ciò si traduce in una migliore capacità, da parte europea, di dominare le carestie e le epidemie che facevano crollare il livello della popolazione per interi decenni, cosa che non avveniva negli altri continenti. Inoltre, a partire dal Rinascimento l’Europa domina praticamente tutte le scienze, mentre la Cina entra lentamente in una fase di regressione tecnica e di gravi sconvolgimenti interni, al pari del mondo islamico, tanto che la medicina occidentale prende il sopravvento su quella persiana.
Quindi, a partire dal XVI secolo l’Occidente prende il sopravvento sulle altre civiltà sul piano della tecnica e della medicina. In questo senso, si può dire che è dal XVI secolo che il mondo occidentale inizia a colonizzare l’intero pianeta. Un processo che avrà il suo apogeo nel 1914. Basta osservare la carta del mondo di quell’anno per avere un’immagine netta di quanto sostengo: l’Africa è interamente occupata dagli europei, al pari dell’Asia, con l’eccezione della Cina e della Thailandia. In breve, all’inizio del nostro secolo l’Europa, così piccola, occupa di fatto l’intero pianeta.
Tuttavia, il fattore di sviluppo più importante, per me che sono un demografo, è l’aumento considerevole della popolazione europea e il suo diffondersi negli altri continenti. A partire dal XVIII, infatti, l’Europa è riuscita a installarsi negli spazi vuoti del pianeta, che occupano circa la metà della Terra, cioè circa 70 milioni di chilometri quadrati. Fino al XVII secolo nella metà vuota del pianeta, cioè in Australia, in Siberia, nelle Americhe, si trovavano circa trenta milioni di persone, praticamente nessuno.
Adesso, invece, questa stessa metà vuota del pianeta è abitata da 900 milioni di persone in seguito all’irruzione degli europei. Ecco cosa intendo quando parlo di "europeizzazione" del nostro pianeta, protrattasi per lunghissimo tempo.
Ora, invece, a partire dal secondo dopoguerra, siamo entrati in una fase di riflusso del ciclo europeo. Quanto dico emerge chiaramente dalle statistiche demografiche: il ritmo di crescita della popolazione europea, intesa qui come "mondo bianco", è ora vicino allo zero, quando non è addirittura negativo. E’ debole al di là dell’Atlantico, perché negli Stati Uniti il tasso di crescita della popolazione resta positivo: nascono più bambini che in Europa e c’è ancora un’immigrazione importante, che prosegue. Invece, nel Vecchio Continente, globalmente, si registrano più morti che nascite, con la punta rappresentata dalla Russia, dove le morti sono molto superiori alle nascite. Nel suo insieme, il mondo europeo è entrato in una fase di regressione demografica, mentre negli altri continenti assistiamo al fenomeno inverso, soprattutto in seguito all’applicazione delle scoperte europee nel campo della medicina, e alla diffusione dei vaccini che, nel giro di trent’anni, dagli anni Venti agli anni Cinquanta, hanno permesso alla speranza di vita di raddoppiare, talvolta anche di triplicare, nei paesi del Terzo Mondo.
Di qui, l’es ...[continua]

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