Da Lampedusa al Brennero - page 2

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è iniziato così il nostro percorso di esplora-
zione e apprendimento che ha consentito
di fare di “Euromediterranea 2014”, con la
consegna del Premio Alexander Langer a
Borderline Sicilia, uno spazio di confron-
to tra diversi volontari e associazioni che
lavorano dal basso e nelle istituzioni per
promuovere una cultura dell’accoglienza e
dell’integrazione di profughi e immigrati.
Questo terzo Quaderno della Fondazione,
realizzato in collaborazione con la rivista
Una Città, vuole rendere conto di questo
lavorio e delle importanti relazioni che ci
ha consentito di intrecciare.
Un’analogo dossier, che consigliamo, è sta-
to realizzato dalla rivista Gli Asini, con
l’inserto “Accogliere o respingere” del nu-
mero 25, gennaio/febbraio 2015.
Dopo Lampedusa, è venuto naturale che
il Brennero, nostro prossimo, ci venisse
incontro. Il Brennero è in Sudtirolo uno
dei confini interni dell’Europa, che viene
attraversato da chi intende raggiungere
parenti e conoscenti nei paesi del nord e
mette quindi in risalto alcuni nodi proble-
matici della politica e della pratica d’asilo
e d’accoglienza locale e internazionale.
Da quando il Comitato scientifico della Fon-
dazione ha deciso di assegnare il Premio
Alexander Langer 2014 all’associazione
Borderline Sicilia ci siamo imbattuti in due
fortunate coincidenze.
Dopo aver consegnato nel 1997 il primo pre-
mio Langer alla femminista algerina Khalida
Toumi Messaoudi, siamo venuti a sapere che
l’ultimo discorso di Alex tenuto al Parlamen-
to Europeo il 29 giugno 1995 era stato pro-
prio dedicato alle donne algerine che cerca-
vano rifugio in un’Europa ostile e diffidente.
Seconda coincidenza. Nel film “Alexander
Langer, Uno di noi”, realizzato da Dietmar
Höss nel 2007, si racconta tra l’altro la sto-
ria della nave Cap Anamur, messa in mare
dall’omonima associazione tedesca, di cui
l’ex comandante Stefan Schmidt e il respon-
sabile del Comitato umanitario Elias Bier-
del erano allora sotto processo ad Agrigento
perché accusati di aver portato clandestina-
mente a Palermo, nell’estate 2004, 37 pro-
fughi del Darfur, salvati da un gommone
in panne nei pressi delle coste libiche. Poi
veniamo a sapere che questo fatto aveva se-
gnato l’inizio dell’impegno di alcuni dei pro-
motori di Borderline Sicilia.
Indice
Editoriale, pag. 2
Apriamo le nostre porte,
di
Alexander Langer,
pag. 2
Premio Langer 2014
a Borderline Sicilia
, pag. 3
Monitorare l’indifferenza
intervista a Borderline Sicilia
, pag. 4
Africa in movimento
di Anna Maria Gentili
, pag. 8
Negare non equivale a impedire
di Gianfranco Schiavone
, pag. 12
E i profughi intanto che fine fanno?
di Luigi Manconi
, pag. 12
Il permesso di ingresso
per “ricerca di lavoro”,
intervista a Enrico Pugliese
, pag. 15
Migranti in transito.
intervista a Fulvio Vassallo
, pag. 18
Il patto d’accoglienza,
di Fausto Stocco
, pag. 22
Uomini e fantasmi.
di Luigi Monti
, pag. 24
La parola “aiutare” e la parola “grazie”,
intervista a “I Girasoli”,
pag. 27
200 euro e un biglietto per la Germania,
intervista a Yaya e Samuel,
pag. 30
Quel sogno ricorrente
intervista a Carlo Bracci
, pag. 34
I Dublinati,
intervista ad “Asinitas”
, pag. 36
Da Lampedusa al Brennero.
di Monika Weissensteiner
, pag. 38
Fratellanza euromediterranea, pag. 40
Apriamo le nostre porte
Delle volte noi guardiamo ai rifugiati, in questo caso per esempio alle donne algerine, come una specie di peso per la nostra società. In-
vece noi dovremmo guardare con altri occhi. Accogliere persone che oggi nel loro paese non possono esercitare i propri diritti, o che sono
addirittura minacciate spesso nella loro stessa vita. Accoglierle nel nostro paese è anche un investimento, è un investimento democratico
che ci permette per il futuro di costruire i rapporti con coloro che in quel paese possono ricostruire un dialogo civile.
Nel caso dell’Algeria, in particolare, noi tutti sappiamo quanto quella società sia oggi attraversata da contraddizioni profonde, in cui
si mescolano eredità di un vecchio regime, una profonda attitudine antidemocratica e spesso violenta dell’integralismo islamico, in cui
abusi da parte del potere -in particolare del potere militare- fanno perdere fiducia a molte persone. Allora vogliamo o non vogliamo
sostenere coloro che possono in qualche modo essere una terza parte, una sponda diversa per la ricostruzione di un dialogo civile? E in
questo le donne in Algeria, organizzate o no che siano, le donne che oggi rivendicano i loro diritti spesso contro un forte pregiudizio, in
cui l’essere donna diventa motivo di persecuzione, l’essere donna e rivendicare diritti politici diventa oggetto di ulteriori discriminazioni;
aprendo noi le nostre porte a loro, riconoscendole come perseguitate politiche, riconoscendo in loro delle titolari di diritto all’asilo, noi
compiamo appunto un investimento democratico, un investimento di rippacificazione verso la società algerina, perché sappiamo bene
che la società algerina avrà bisogno proprio di queste risorse per potersi evolvere in senso democratico. Quindi apriamo le nostre porte.
Alexander Langer (1995)
Migranti per mare
Giulia Fantoni
Hanno bevuto il mare
i nostri fratelli migranti
sorsi piccoli e poi grandi, sempre più grandi più grandi più grandi
ma il mare era troppo grande per poterlo finire a sorsi
e dopo gli spasimi e i tormenti, il respiro si placò
Tra le onde, nel buio
soli nell’immensità
tra speranza e paura,
furono lamenti sussurri preghiere rimpianti bestemmie ricordi grida dolore
e nessuno che viene a salvarti
Infine, quando rimase solo terrore,
fratello mare pietoso se li abbracciò uno a uno
e se li è portati nella pace e nel silenzio
Ora i sacchi neri di morte tengono corpi lividi senza nome
e invano, da dove sono venuti, altri affetti sperano ancora
là dove tormenti guerra fame fanno buchi nella carne e voragini nel cuore
Come ci manchi
sorella Giustizia...
(4 ottobre 2013, dopo la tragedia di Lampedusa)
Dal libro:
Sotto il cielo di Lampedusa Annegati da respingimento.
Rayuela Edizioni, gennaio 2014
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