Da Lampedusa al Brennero - page 40

Fratellanza euromediterranea
di
Alexander Langer
Tutti abbiamo passato alcuni anni in cui
l’Europa occidentale ha dovuto -non senza
fatica- riscoprire la sua “altra faccia del-
la luna”, cioè i propri concittadini europei
dell’Est. Caduti i muri e le cortine, una re-
ciproca amputazione durata almeno mezzo
secolo si sta lentamente e assai contrad-
dittoriamente rimarginando. Non si sono
ammazzati vitelli grassi per il fratello ritro-
vato, piuttosto si è vista la penosa reazio-
ne di chi rifà i conti di un’eredità ritenuta
già assegnata in esclusiva e ora, invece, da
spartire.
Oggi un’altra fratellanza affievolita o forse
dimenticata è da riscoprire: quella euro-
mediterranea. In anni passati in Italia si è
assistito a un curioso dibattito geopolitico:
chi voleva “entrare in Europa” reclamava
spesso la necessità di staccarsi dal Mediter-
raneo, “dall’Africa”, come talvolta si diceva
in senso spregiativo. Anche nel resto d’Eu-
ropa, l’attenzione al Mediterraneo negli
ultimi anni ha subìto alterne vicende e si è
ulteriormente resa precaria dalla guerra del
Golfo in poi, dove si è invece consolidata una
sorta di egemonia dell’asse Usa-Stati petro-
liferi del Golfo (con l’Arabia Saudita in te-
sta), con una forte influenza nel Mediterra-
neo che si è manifestata anche nella politica
della spesa pubblica. Su ogni Ecu investito
dalla Comunità europea, se ne sono investi-
ti dieci da parte degli Usa e altrettanti da
parte dei petrolieri arabi. L’assenza di una
comune politica mediterranea la si è vista
non solo intorno alla guerra del Golfo: an-
cor più pesante la marginalità dell’Europa
nel ritrovare la pace tra israeliani e arabi,
nel dialogo con i paesi “difficili” (come Li-
bia, Siria, ecc.), in alcune ingiustizie ormai
da troppo tempo sopportate (la divisione
di Cipro, per esempio), nella ricerca di un
nuovo ordine post-guerra-fredda anche nel
Mediterraneo. La proposta, avanzata fin
dai primi anni Novanta, di organizzare per
quest’area una sorta di “Helsinki del Me-
diterraneo”, cioè un quadro complessivo di
accordi per la cooperazione e la sicurezza, è
stata lasciata cadere; gli stessi governi che
l’avevano caldeggiata (Spagna, Italia, poi
anche Francia e Grecia) l’hanno messa nel
dimenticatoio.
Oggi i governi si preoccupano di certi cam-
panelli d’allarme e tendono ad affrontarli,
ma troppo spesso in modo solo repressivo:
immigrazione incontrollata, tensioni sociali
e “rivolte del pane”, la crescita dell’integra-
lismo islamico, i rischi del traffico illegale di
droga e di armi... insomma, i pericoli più che
le opportunità. La Conferenza inter-gover-
nativa euromediterranea, indetta dall’Unio-
ne europea per il prossimo novembre 1995
sotto presidenza spagnola, si prefigge -assai
positivamente- un nuovo partenariato euro-
mediterraneo, ma rischia di limitarsi a pun-
tare al controllo di alcuni di questi fenomeni
ritenuti minacciosi attraverso accordi di co-
operazione e di finanziamento, senza osare
un disegno più ambizioso: un partenariato
che porti a una vera e propria Comunità eu-
romediterranea, a fianco e intrecciata con
l’Unione europea.
D’altra parte forse non si può chiedere ai
governi quanto dai cittadini e dalla società
civile non è ancora sufficientemente sentito
e condiviso.
è questa oggi una sfida e una possibilità
di grande rilievo per i cittadini e i gruppi
europei e mediterranei. Non c’è nessun’al-
tra area del mondo in cui in uno spazio così
concentrato si trova un’eredità così comune
e così diversificata insieme: al crocevia tra
i tre continenti (Europa, Asia, Africa) e le
tre grandi religioni monoteiste (Ebraismo,
Cristianesimo, Islam), in una cornice am-
bientale e monumentale con caratteristiche
fortemente comuni e oggi gravemente mi-
nacciata.
Ecco perché riteniamo che sia tempo di af-
frontare anche dal basso la costruzione di
una nuova fratellanza euromediterranea, e
di accompagnare criticamente e attivamen-
te il processo che si svolge al livello delle
istituzioni e dei governi. Una parte del vo-
lontariato europeo impegnato per la pace,
per la cooperazione, per l’ambiente, per la
giustizia tra nord e sud, per uno sviluppo
umano e sociale sostenibile, già opera in
questa dimensione.
Ma se vogliamo davvero ravvivare e rinno-
vare il patrimonio comune che lega comu-
nità, popoli, cittadini, eco-sistemi, economie
e società mediterranee, e intrecciarle con
quell’altro grande processo di integrazione
che oggi faticosamente avviene tra l’Occi-
dente e l’Oriente del continente europeo, bi-
sognerà sviluppare una nuova sensibilità e
cogliere le molte occasioni di azione e inter-
azione.
Maggio 1995, editoriale Verdeuropa,
Bolzano-Bruxelles
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