Caro Edi, non potendo venire al seminario di Forlì del 10-11 aprile, ti mandiamo il piccolo contributo che segue.
L’unica volta che a me e Silvia è capitato di passare una giornata con Alex Langer è stata in occasione del Consiglio europeo di Cannes, a fine giugno del ’95: lui da Firenze arrivò in treno di prima mattina a Livorno, dove noi l’aspettavamo con la nostra macchina alla stazione, e ci facemmo tutto il tragitto da Livorno a Cannes chiacchierando fitto fitto specialmente di quel che stava succedendo in Bosnia; del resto lo scopo del viaggio era proprio quello di andare a manifestare a favore di un intervento militare per la salvezza della Bosnia e dei bosniaci.
Giunti a destinazione trovammo francesi, spagnoli e olandesi in quantità; dall’Italia, a parte un drappello di radicali, eravamo arrivati noi tre e chiuso; Alex ci disse che aspettava vari amici da diversi posti, ma che non s’eran fatti vivi; fatto sta che al momento dei discorsi dal palco, dopo ch’ebbero parlato oratori d’ogni parte d’Europa e anche un radicale italiano, Alex chiese a me di mettere insieme due parole per mostrare che in Italia il P.R. non aveva l’esclusiva della solidarietà politica con la Bosnia.
Io me la cavai dicendo che la foglia di fico dell’intervento umanitario non bastava più a coprire l’esigenza d’una decisione dura ma inevitabile, che spettava ai capi di stato e di governo prendere, e a chi avesse a cuore giustizia e pietà sostenere.
A fine comizio Marco Pannella, vedendo passare Alex con accanto noi due, improbabili scudieri, dal tavolo d’un bar lo apostrofò così, con fare paternamente sfottente: "Sei sempre il solito san Sebastiano, lì solo a beccarti frecce da tutte le parti". Vedo che quasi quattro anni dopo, sull’uso della forza in Kossovo i verdi -e non solo loro- tornano a lacerarsi e macerarsi in Italia e in Germania. Allora come adesso ogni punto di vista merita rispetto, ma vorrei modestamente testimoniare che Alex (e con lui forse soltanto Adriano Sofri) aveva percorso -con pena e con rischio- una strada che non ammetteva diversioni. Quale? Lo dirò con la frase che poco dopo Cannes, nel luglio ’95, trascrissi nel libro dei partecipanti al lutto per la morte di Alex: "Mann kann sich mit Nationalsozialismus geistlich nicht auseinandsetzen, weil er ungeistlich ist" (Non è possibile confrontarsi spiritualmente con il nazionalsocialismo, perché il nazionalsocialismo non ha nulla di spirituale). L’avevo copiata da una targa posta all’inizio del ponte che, a Strasburgo, è dedicato ai congiurati del gruppo della Rosa Bianca, giustiziati nel ’42 per aver cercato d’assassinare Hitler. La frase è di uno di loro.
Oggi, anno 1999, a Belgrado vediamo di nuovo al potere una coalizione nazional-socialista. L’omonimia non è casuale: il nazismo non fu una meteora, è una tentazione ricorrente nella storia europea. Trovarsi alle prese con siffatto avversario è un’eventualità ch’è frivolo eludere. Con amicizia,
Umberto Cini e Silvia Castaldi
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