Non me ne vogliano gli amici kosovari, ma Pristina è davvero la più brutta capitale d’Europa, e lo dico con cognizione di causa avendo ormai battuto e perlustrato ogni angolo del vecchio continente. Non c’è uno scorcio, un edificio, un angolo prospettico, un punto originale di osservazione che in tutti questi anni si sia fissato nella mia memoria. Sarebbe, però, ingiusto farne una colpa alla città. Gli urbanisti che ­l’hanno progettata e pianificata, infatti, mai avrebbero pensato che questa anonima località di provincia sarebbe un giorno assurta al ruolo di capitale, anche se il Kosovo, a cinque anni dalla dichiarazione di indipendenza, non fa ancora parte a pieno titolo della comunità internazionale. Con il riconoscimento recente della Thailandia, il pallottoliere dei paesi che accettano il nuovo stato ha raggiunto quota 105, ancora abbondantemente al di sotto della soglia fatidica dei due terzi dei membri che consentirebbe l’ingresso ufficiale nelle Nazioni Unite. Capi di stato e ministri degli esteri si avvicendano da tempo sul palcoscenico di Pristina, ma sono visite "mordi e fuggi” visto che non possono essere accompagnate da sopralluoghi, anche volanti, a monumenti o musei di una certa rilevanza. Ed è paradossale che nemmeno Google, una volta in Kosovo, riporti sul mio mini-tablet, con le previsioni atmosferiche, il nome della città e del paese in cui mi trovo, forse per evitare incidenti diplomatici con la Serbia o solo perché non vale la pena, di estendere la copertura satellitare a questo ultimo, improbabile lembo di Europa.

"Potrebbe essere peggio” dice Marty Feldman con sguardo irriverente a Gene Wilder che sbuffa mentre dissotterra una bara in una delle più famose scene del film "Frankenstein Junior” e quando quest’ultimo lo rimbecca chiedendogli "come?” ribatte che potrebbe piovere scatenando tra fulmini e tuoni improvvisi un torrenziale acquazzone e l’ilarità degli spettatori. Anche se temperata dalla proverbiale ospitalità dei kosovari, una cappa di malinconia mi avvolge ogni qual volta giungo a Pristina e questa volta piove a dirotto mentre scendo nell’oscurità dalla scaletta dell’aereo. È uno degli ultimi voli nel vecchio aeroporto, visto che di lì a poco verrà inaugurato il nuovo terminal in grado di accogliere cinque milioni di viaggiatori all’anno di cui dubito faranno parte molti turisti. Ruzhdi mi aspetta con l’ombrello appena oltre le porte scorrevoli di un androne come al solito stipato da parenti di passeggeri e questuanti improvvisati. "Gli affari non vanno certo a gonfie vele”, mi dice tra gli scrosci e le pozzanghere, mentre mi accompagna alla macchina, "e le prospettive non sono affatto rosee”. È contento di rivedermi, ma subito ne approfitta per infilarmi in una tasca il suo biglietto da visita plasticato nella speranza di essere contattato di nuovo durante la mia permanenza. Gli faccio presente che purtroppo per lui non mi fermerò a lungo e che per ragioni di sicurezza mi è stato, questa volta, sconsigliato di recarmi nella zona di Mitrovica Nord. I tassisti sono la gola profonda delle città; da loro puoi sempre attingere a informazioni di prima mano, utilissime per avere un quadro aggiornato della situazione. "Nulla è cambiato per quanto riguarda la corruzione -racconta- gli impiegati pubblici continuano a vessare i cittadini approfittando delle proprie funzioni: se hai bisogno di una licenza o di un’autorizzazione qualsiasi, devi fare ore di coda -aggiunge- a meno che tu non provi ad ‘oliare’ la macchina della burocrazia con qualche banconota e allora, di colpo, i tempi si accorciano. E sono anche spudorati -chiosa seccato- chiudono lo sportello per pausa e poi ti adescano mentre sei in fila proponendoti di sbrigare la pratica in tempi brevi in cambio di un modesto supplemento...”.
Corruzione dilagante e criminalità organizzata sono ancora le grandi piaghe che affliggono la piccola repubblica balcanica, anche se, va sottolineato, è tutta la regione a soffrirne in compagnia, peraltro, di alcuni fra gli stessi paesi membri dell’Unione. Ad aggravare il problema c’è anche la consuetudine, per buona parte della funzione pubblica, del doppio o triplo lavoro per arrotondare o, meglio, rimpolpare uno stipendio che nonostante i recenti aumenti consente a malapena di sbarcare il lunario, con tutto quello che ne deriva in termini di potenziali o reali conflitti di interesse. Ci si arrangia come si può, l’importante è sopravvivere nel marasma generale.

La sala d ...[continua]

Esegui il login per visualizzare il testo completo.

Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!