Lo scorso 27 novembre in Bocconi è stato presentato il Rapporto Oasi (Osservatorio Aziende Sanitarie Italiane) 2015 a cura dei ricercatori Francesco Longo, Patrizio Armeni, Clara Carbone, Francesco Petracca, Alberto Ricci e Silvia Sommariva. Pubblichiamo l’intervento conclusivo di Francesco Longo, professore di Economia delle aziende e delle amministrazioni pubbliche presso l’Istituto di Pubblica Amministrazione e Sanità (Ipas) dell’Università Bocconi e direttore del Cergas (Centro di Ricerche sulla Gestione dell’Assistenza Sanitaria e Sociale dell’Università Bocconi).

Le proposte che presento sono frutto di un processo elaborativo lungo che parte dalle evidenze disponibili nell’ultimo rapporto sulle aziende sanitarie italiane.
È un tentativo prima di tutto di "agenda setting”, cioè di stabilire anche un nuovo ordine del giorno. Pensiamo sia esaurita una certa stagione in cui l’obiettivo primario era quello di avere i conti in equilibrio. La stagione che si apre può essere per certi versi più ambiziosa: deve stimolare la costruzione di un’agenda nuova e più avanzata per il sistema sanitario nazionale.
Faccio un rapido riassunto delle principali evidenze del nostro osservatorio per poi venire alle proposte di cambiamento.
Questa mattina abbiamo visto sostanzialmente che il nostro Sistema sanitario nazionale (Ssn) -come sappiamo da tempo- è sottofinanziato da alcuni anni. Nonostante il sottofinanziamento inizi a diventare abbastanza evidente (siamo scesi addirittura sotto gli spagnoli), nel confronto relativo con altri paesi, quando andiamo a guardare ai risultati che dipendono specificamente dall’Ssn, le performance sono sempre molto buone. Riguardo, ad esempio, le morti evitabili in patologie dove l’influenza dei sistemi sanitari è rilevante, siamo i secondi migliori al mondo.
Inizia però a preoccuparci il dato di questo 8% degli italiani che ha dichiarato di aver rinunciato alle cure perché il privato era troppo costoso e il pubblico non era disponibile. Questo dev’essere considerato un campanello d’allarme.
Le proposte che facciamo sono interne a un perimetro. Ci siamo dati delle regole e le regole del gioco sono che auspichiamo sicuramente che un giorno non troppo lontano ci siano risorse aggiuntive, però qui ragioniamo su risorse costanti, quindi nella sostenibilità che il sistema ha costruito.
Bene, data questa cornice che proposte si possono fare?
Noi classicamente abbiamo segmentato i nostri silos organizzativi per setting assistenziali. Tipicamente: ospedale e territorio, suddiviso in distretti o dipartimenti. L’ospedale l’abbiamo segmentato in "hub e spoke”, comunque il punto di vista con cui abbiamo segmentato la nostra organizzazione è sempre stato quello del lato produttivo.
Ecco, noi pensiamo che la tecnologia contemporanea ci imponga di riflettere e di proporre una rappresentazione diversa della nostra organizzazione e dei nostri target.
Tutti sappiamo che il 30% degli italiani ha patologie croniche (i dati più recenti in Lombardia arrivano al 36%). Una grandissima fretta di questi cronici sono pluripatologici. E poi sappiamo che il 4% degli italiani non sono autosufficienti. Parliamo di 2.400.000 persone.
La nostra proposta di segmentazione è la seguente. Non ragioniamo più per silos, ma per target. E i target secondo noi dovrebbero essere questi: la popolazione sana (che  deve essere sottoposta a programmi di screening ed educazione sanitaria); gli utenti occasionali; gli utenti cronici, che lo sono per molti anni (dai cinque ai vent’anni) e le persone con bisogni fondamentalmente socio-assistenziali, legati alla long-term-care.
Considerate che su quest’ultima categoria tutti i sistemi occidentali, inglesi, tedeschi, francesi, si sono dati delle regole certe perché altrimenti con due milioni e mezzo di non autosufficienti (tre in Germania) è inevitabile che le risorse della sanità vengano consumate impropriamente dal socio-sanitario.
Ogni paese ha definito questa quarta categoria a suo modo. Gli inglesi giocano sul tempo e dicono che dopo il sessantunesimo giorno di ricovero, qualsiasi cosa tu abbia, non è più attività sanitaria, ma è socio-sanitaria, quindi a spese dell’ente locale o della famiglia. I tedeschi invece hanno inventato la seconda gamba, che è quella dell’assicurazione, della mutua per la non autosufficienza. Q ...[continua]

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