Si può stimare che nel 2016, in Italia, siano nati un po’ meno di 470.000 bambini, 20.000 in meno del 2015, addirittura 100mila in meno del 2010. Sempre nel 2016, le persone che hanno festeggiato il loro ottantesimo compleanno sono state più numerose dei nuovi nati. Gli effetti di questo calo delle nascite saranno rapidi e socialmente rilevanti: ad esempio, nel 2022 ci saranno in Italia 4.000 classi di prima elementare in meno rispetto a oggi, e nel giro di pochi anni molti plessi scolastici verranno chiusi per mancanza di scolari. Questi dati sono ancora più impressionanti se proiettati a livello locale. A Napoli, nel 2016, sono nati 1.100 bambini in meno rispetto al 2010 (8.000 contro 9.100), con la perdita, nel 2022, di 44 classi di prima elementare; in un piccolo comune come Carbonara di Nola si è passati -nello stesso periodo- da 27 a 20 nascite, mettendo a serio rischio la possibilità di mantenere nel paese, nei prossimi anni, la scuola primaria.

Perché così poche nascite?
1. I genitori investono molto sui figli…
Questo repentino crollo delle nascite si inserisce in una storia ormai quarantennale di bassa fecondità, dovuta al tipo di rapporti patriarcali fra le generazioni caratteristico dell’Italia, di altri paesi del Sud Europa (penisola Iberica e Balcanica) e dell’estremo Oriente industrializzato (Giappone, Corea del Sud, Singapore, grandi città della Cina). In tutte queste società i genitori sono praticamente gli unici responsabili della riuscita sociale dei figli, su cui investono moltissimo, sia dal punto di vista economico che valoriale. Paradossalmente, in queste società -a cui se ne vanno rapidamente aggiungendo altre, come l’Iran, la Tailandia, ma anche la Tunisia e gran parte del Brasile- le coppie hanno pochi figli perché vogliono "troppo bene” ai pochi figli (spesso uno) già nati. Tuttavia, questa tendenza di fondo non è sufficiente a spiegare il crollo delle nascite degli ultimi anni, per cui è necessario richiamare altri due fattori.

2. Diminuiscono le giovani donne
in età riproduttiva…
Il numero di donne in età fertile sta rapidamente diminuendo, a mano a mano che i figli del baby boom (nati nel 1955-’75) escono dall’età riproduttiva e a causa del rapido attenuarsi del saldo migratorio positivo. Il saldo migratorio annuo con l’estero, sempre superiore a 300.000 persone nel primo decennio del secolo, durante la crisi è rapidamente diminuito, avvicinandosi allo zero nel 2015 e nel 2016. In Italia, le donne in età 29-39 (quelle che mettono al mondo più del 90% del totale dei figli) erano 10,4 milioni all’inizio del 2001, 7,7 milioni nel 2011, solo 6,9 milioni all’inizio del 2016. Se nel prossimo ventennio il saldo migratorio rimarrà vicino allo zero, le giovani donne continueranno a diminuire: saranno 5,9 milioni nel 2026, appena 5,4 milioni nel 2036, e di conseguenza il numero di nascite nel 2026 sarebbe del 15% inferiore rispetto al 2016 (altri 70.000 nati in meno…) anche se il comportamento riproduttivo delle donne restasse uguale a quello di dieci anni prima.

3. La crisi colpisce le famiglie con figli
Infine, gli studi concordano nel suggerire che le nascite sono diminuite anche a causa della crisi economica, che si è accanita in misura maggiore sulle famiglie con figli. Solo qualche dato: le coppie che l’Istat definisce "a rischio di povertà” sono il 14% se hanno un figlio, il 21% se hanno due figli, addirittura il 39% se ne hanno tre o più. E questi valori sono molto più alti oggi rispetto a qualche anno fa. L’impoverimento delle famiglie è legato per lo più a difficoltà lavorative dei genitori, o a lavori a basso reddito. Inoltre, le coppie con lavori precari sono quelle più restie ad avere figli. Per converso, nei paesi che stanno uscendo o sono usciti dalla crisi -come gli Stati Uniti e la Germania- la fecondità è in ripresa.

Quali i possibili rimedi?
Le precedenti considerazioni ci permettono di ragionare brevemente sui possibili rimedi all’implosione demografica del nostro paese. Quasi tutte le coppie italiane affermano che sarebbero disposte ad avere due o tre figli, "se le circostanze lo permettessero”. Poiché la migliore assicurazione per un bambino contro la povertà è avere entrambi i genitori che lavorano e/o con buone prospettive lavorative per il futuro, è evidente che queste condizioni sono tre: un lavoro tale da permettere un tenore di vita adeguato, una ragionevole sicurezza per il futuro, la possibilità di conciliare il lavoro con la cura ...[continua]

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