non scorderò mai il giorno in cui un mio amico, il giornalista del Guardian Ed Vulliamy, disse qualcosa di così semplice e giusto che, da allora, ho cercato di farne una regola di vita. Disse: "Che senso ha vivere se non hai un impatto positivo?”. Me ne sono ricordata mentre cercavo uno slogan da scrivere su un manifesto per la nostra manifestazione locale anti-Trump. Volevo qualcosa di diverso dalla solita lista della spesa: crudele; razzista; misogino; accalappiabambini; fascista. Continuavo a chiedermi come lo definirebbe la storia e cosa diamine si potrebbe dire o scrivere per far capire al menefreghista Trump e ai suoi apologeti qual è l’impatto delle loro azioni sugli altri. Volevo comunicare l’idea che il trumpismo (un "ismo” che lui stesso ha generato e che però non dovrebbe affrancare la gente dalla responsabilità personale di aver consentito la diffusione di questo suo marchio) sta abbassando i toni dell’intero pianeta, ma non riuscivo a esprimere in modo adeguato l’impatto distruttivo di quest’uomo e dei suoi sostenitori. Fortunatamente sono in circolazione un mucchio di abili inventori di slogan, e così nelle marce e nelle sfilate di protesta svoltesi in tutto il paese sono stati molti i manifesti anti-Trump appropriati ed efficaci. Siamo al cospetto di un uomo che causa alle folle una sofferenza acuta ed eccezionale e che viene dipinto come un gigantesco bambino petulante.
Mi sono anche chiesta come se la caverebbero gli estremisti di casa nostra nell’esame degli "impatti positivi”. I quotidiani hanno riportato che nel momento delle dimissioni del ministro degli esteri Boris Johnson, che ricordiamo per le sue menzogne e la sua sfrontata mancanza di altruismo, al ministero hanno stappato lo champagne; e mentre lui posava per le telecamere abbassando lentamente la penna sulla lettera di dimissioni, quasi stesse compiendo un gesto nobile, si bevevano bollicine. Come ci si sente ad aver scelto una linea di condotta tale che i tuoi collaboratori tirano fuori i bicchieri di cristallo e brindano alla tua partenza?
A Londra e in tutto il paese le proteste hanno offerto alla gente comune l’opportunità di alzare la voce contro i distruttori e gli egotisti che vanno avanti senza la minima intenzione di avere un "impatto positivo”. La pesante coltre di disperazione si è sollevata; almeno per un giorno la gente ha capito che poteva difendere i nostri dimenticati principi e valori di tolleranza e carità. Parole che non trovano posto nel lessico di Trump, né tanto meno in quello dell’ultradestra che ci governa. Le nostre proteste sono state rumorose, buffe, sincere e civili.
Ultimamente si è discusso molto di civiltà. Mentre in Russia le tifoserie calcistiche stanno scoprendo che i cittadini comuni sono simili a loro e che le nostra squadra e il suo manager Guareth Southgate sono modelli di umiltà e decenza, coloro che detengono il potere sono stati criticati ancora una volta per la loro assoluta mancanza di decoro, offrendoci un grottesco spettacolo di disprezzo. Io non sono certo monarchica, ma non mi piace neppure che la Regina venga diffamata da un presidente degli Stati Uniti insopportabilmente pieno di sé. Non lo volevamo qui e non vedevamo l’ora che se ne andasse o che il primo ministro lo mandasse a quel paese. Questo, però, lei non l’ha fatto.
Mentre l’abisso della Brexit si spalanca in questa nostra estate che volge al termine, la vecchia guardia dei Tory rievoca con nostalgia agrodolce gli anni prima del 1972, quando la Gran Bretagna aderì al Mercato Comune. Anche loro hanno degli slogan: "Ricordo com’era la vita allora: era molto più bella e quando ce ne saremo andati tornerà a esserlo”. La nostalgia è uno strumento pericolosissimo.
È difficile scrivere di qualcosa che esuli dallo squallore e dalla stupidità della Brexit, la quale, insieme all’austerità, sta neutralizzando un altro "impatto positivo”: le nostre biblioteche. Nel 1850, il governo in carica approvò l’Atto per le biblioteche pubbliche. Esso forniva ai vari distretti gli strumenti per aprire nuove biblioteche. Fu il primo passo verso l’accesso gratuito universale all’informazione e alla letteratura. Ebbe un’incredibile portata innovatrice. Val la pena di notare che a quel tempo si temeva che le biblioteche cui avevano accesso "i ceti bassi” avrebbero contribuito a fomentare agitazioni sociali. Non c’è stata alcuna agitazione. Invece le biblioteche hanno sortito -eccome se l’hanno fatto- un impor ...[continua]
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