Cari amici
abbiamo smesso di parlare. Non letteralmente, continuiamo a parlare di cose di poco conto, delle nostre speranze, delle nostre perdite personali, di piccoli gesti di attenzione, ma abbiamo smesso di parlare delle nostre paure e frustrazioni, del nostro sconforto. È strano, perché tutte queste cose sono palpabili, sono presenti nell’aria che respiriamo. Amici mi raccontano di non essersi mai sentiti così arrabbiati con il governo. Non ho mai percepito così tanta collera, vergogna e frustrazione.
Siamo assediati da un’incompetenza seriale che ci lascia senza fiato e noi tutti sappiamo che il suo costo sono decine di migliaia di vite, ma ci sentiamo impotenti. È come se le nostre parole venissero inghiottite prima ancora di lasciare le nostre bocche. Un amico interrompe l’inizio di una sfuriata con le parole “cambia quello che puoi, e impara a convivere con quello che non puoi cambiare”. Non è una grande opzione. Tuttavia, quando le cose si mettono davvero male, non possiamo imparare a conviverci. Invece la normalizzazione di questa inutile tragedia è esattamente quello che sta avvenendo.
Penso agli amici che stanno evitando tutte le notizie per salvaguardare la propria salute mentale e che trovano conforto nel camminare all’aria aperta sotto un cielo invernale. La vita si è ridotta a una passeggiata quotidiana. I titoli dei notiziari sono banditi perché non si possono sopportare altre parole sul lockdown.
Un altro amico che sta in un bel posto, viste le privazioni e il crollo del tenore di vita causati dal Covid e dall’avvicinarsi della Brexit, ha una sorta di “parola d’ordine” quando la conversazione vira verso una giusta rabbia: “Morbidi coniglietti”. E tutte le parole cessano, e noi scivoliamo nei luoghi comuni o nel silenzio fino a quando la sensazione di oppressione al petto non scompare.
Altri si rivolgono a quello che rimane delle nostre brillanti arti e si immergono in una tragedia immaginaria piuttosto che in quella che viviamo. Altri semplicemente lottano quotidianamente, lavorando nei supermercati o guidando autobus e rischiano la vita ogni giorno in prima linea in uno stato di esaurimento nervoso, perseguitati da questa versione del virus, il 70% più trasmissibile e il 30-40% più mortale. Quale genitore ha la forza di ribellarsi? Fare home schooling per i figli, lavorare da casa e gestire le proprie tragedie finanziarie sta minando gli spiriti. Quante parole servono per dire: “Non ho abbastanza soldi per sfamare i miei figli”? “Ho speso tutti i miei risparmi e ancora non ho un lavoro né un futuro” non è un grande inizio di conversazione. Proviamo un miscuglio di emozioni e tra amici ci si riduce a scambiarsi uno sguardo di impotente sconforto. Ha senso esprimere ulteriore indignazione? E poi ci sono i negazionisti.
Il silenzio attorno al numero di persone che stanno morendo è scioccante. Ci stiamo assuefacendo alla dimensione di questa tragedia umana, perché non abbiamo nessuna guida e un borbottio è tutto ciò che otteniamo dai nostri leader. Non abbiamo un Joe Biden con la sua onesta empatia e compassione. E dio solo sa quanto ne avremmo bisogno. Abbiamo disperatamente bisogno di un adulto al numero 10.
Per molti miei connazionali esistono vari livelli di lutto silenzioso. Dolore per le morti di Covid, dolore per le macerie di un paese che abbiamo amato, dolore per le inevitabili miserie della Brexit. C’è un significativo silenzio da parte del governo sul disastro economico in corso, ma noi non abbiamo neanche più le energie per provare schadenfreude, cioè gioia per le disgrazie altrui. E tuttavia la delusione per le bugie e le false promesse, e la paura di perdere il lavoro, sono assolutamente reali. Ieri, una pluripremiata azienda che produce formaggio ha twittato che dovrà chiudere perché non può più esportare in Europa. È una piccola impresa che fa dell’ottimo formaggio e che non riesce a sopravvivere al caos e alla sua impreparazione a vendere a clienti stranieri che ordinano online. Non è la sola. Diverse piccole compagnie del Regno Unito molto semplicemente non possono permettersi di pagare i costi di un commercio alimentato da continui attriti.
Al porto di Holyhead in Galles non ci sono quasi più autotrasporti e le navi stanno deviando le loro rotte lontano dalla Gran Bretagna, eppure c’è un totale silenzio da parte dei responsabili, gli stessi che ci avevano promesso agio e abbondanza. Prova a trovare un Brexiteer e all’improvviso scopri che sono diventati una specie in via di estinzione. Una leader dell’Holyhead Council ha manifestato la sua disperata preoccupazione per l’impatto sui posti di lavoro nella sua regione, ma le sue inquietudini sono cadute nel vuoto. L’amministratore delegato dell’Hmrc ha annunciato che la Brexit costerà alla nazione 7,5 miliardi di sterline quest’anno e non è nemmeno diventata la notizia principale. Sul lavoro suona un rintocco sordo, ma, udite, non c’è nessun grido di risposta dalle terre silenziose.
Per ora, cari amici, abbiamo altre preoccupazioni. I nostri ospedali sono zone di guerra. Il nostro coraggioso sistema sanitario ha ormai raggiunto il punto di rottura. Non era inevitabile. Tutto questo è dovuto ai fallimenti di proporzioni olimpioniche del nostro governo. Lo sappiamo tutti. Anche se non tutti lo gridiamo. Abbiamo paura che il nostro magnifico, prezioso sistema sanitario nazionale, tanto tradito e sottofinanziato, crollerà.
Sì, la campagna vaccinale sta procedendo, ma ci sarebbero potute essere anche modalità diverse, che forse sarebbero risultate più veloci. I livelli di fiducia nel governo sono ormai ai minimi e neanche la campagna di vaccinazione riesce a far alzare le nostre voci in un coro.
La dottoressa Nisreen Alwan, docente di sanità pubblica all’Università di Southampton, ha twittato: “Quello di cui molti di noi hanno bisogno ora è di usare la nostra rabbia, frustrazione e amarezza in maniera costruttiva, verso la definizione di azioni che possano limitare i danni futuri. Lo ammetto: è davvero difficile. Psicologicamente, noi sappiamo che liberare la rabbia può essere d’aiuto all’inizio, il fatto è che ce n’è così tanta”.
La dottoressa Alwan ha ragione, ce n’è così tanta. E non può rimanere inascoltata. Dobbiamo rompere il silenzio.
(traduzione a cura di Eleonora Cacciari)
Abbiamo smesso di parlare
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