Con Il mito dello stato, Ernst Cassirer (1875-1945) ricostruì la lunga storia che parte dall’origine e dalla natura del mito per seguire la presenza nelle varie teorie dello stato, da Platone e Aristotele al Novecento. In ogni caso lo stato nasce dalla società, ma nascendo per trascenderla e dominarla, la dimentica perché la riduce a “oggetto” della propria decisionalità e azione dominante. In quanto sommo potere organizzato, lo stato ha bisogno di mitizzare e idealizzare se stesso per rendersi inaccessibile al disordine potenziale della società, a ogni tipo di violenza non legale e quindi illegittima. Lo stato contemporaneo ha dovuto rendersi sempre meno trascendente e “assoluto”, diventando più flessibile e accessibile ai processi sociali, alle forme e alle forze della socialità economica, culturale e politica. È cioè diventato stato liberaldemocratico e “stato sociale”. È nata così, progressivamente, la distinzione e l’opposizione fra stato o “società politica” e “società civile”.
Quando Cassirer, all’inizio degli anni Quaranta, lavora al suo libro Il mito dello stato è perché lo stato totalitario nazista lo spinge a risalire all’intera storia dell’idea di stato, cioè appunto alle sue qualità mitiche, antistoriche, antisociali, religiose. Lo stato esaminato da Cassirer nella storia della cultura è una forma e funzione “a priori” che si conserva identica acquistando col suo stesso nome “un carattere religioso e che fin da principio la eleva alla sfera religiosa, alla sfera del sacro”.
Il libro tratta di questo particolare mito o “forma simbolica” ed è l’ultimo scritto da Cassirer (uscirà postumo nel 1946). La preoccupazione che aveva ispirato quest’opera è dovuta all’ultima e più influente, quindi politicamente più pericolosa, teoria dello stato, quella di Hegel:
Nessun altro sistema filosofico ha esercitato un influsso così forte e duraturo sulla vita politica quanto la metafisica di Hegel [...] l’abisso fra il pensiero politico e la vita rimaneva invalicabile. Le teorie politiche erano state discusse appassionatamente, ma tutto questo aveva avuto un effetto assai scarso, forse perfino inesistente, sulle lotte della vita politica. Studiando la filosofia di Hegel incontriamo una situazione del tutto diversa [...] l’hegelismo ha avuto in seguito una rinascita, non nel campo del pensiero logico o metafisico, ma in quello del pensiero politico. Nessuno in questo campo ha resistito al suo influsso. Tutte le ideologie politiche moderne ci dimostrano la forza, la saldezza e la permanenza dei principi presentati e difesi nella filosofia del diritto di Hegel e nella sua filosofia della storia [...]. Diverse scuole, diversi partiti si appellano all’autorità di Hegel, dando però interpretazioni del tutto diverse e incompatibili [...]. Il bolscevismo, il fascismo e il nazionalsocialismo hanno disintegrato, fatto a pezzi il sistema hegeliano, e incessantemente litigano fra loro intorno ai resti del bottino [...] Fin da principio i commentatori di Hegel si divisero in due partiti, l’ala “destra” e l’ala “sinistra”. Questa lotta fu relativamente innocua finché si trattò di una semplice contesa tra scuole filosofiche; ma negli ultimi decenni lo scontro ...[continua]
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