Cari amici,
la fine del 2022 è stata segnata dall’entusiasmo generale per le vittorie ai Mondiali del Qatar dei Leoni dell’Atlante, la nazionale marocchina arrivata alla fine quarta dopo appassionanti vittorie con squadre molto più quotate, risultati che avevano fatto sperare l’impossibile.
Al di là del fatto che il calcio è lo sport più popolare e che qualsiasi popolo possa naturalmente ritrovarsi a festeggiare con orgoglio nazionale le vittorie della propria squadra, mi piace sottolineare come sia stato importante in questo caso, offrendo un appiglio anche ad altri popoli, quelli arabi, che si sentono tradizionalmente bistrattati, e l’Africa intera, che il Marocco ha ben rappresentato ai mondiali. Un orgoglio, quello risvegliato dalla nazionale del Marocco, che è stato vissuto in maniera sorprendente nei Paesi della migrazione marocchina, dove l’abitudine è invece piuttosto quella di abbassare lo sguardo e cercare di integrarsi oppure sbandare verso una chiusura culturale che può pure portare a drammatiche derive. Ho osservato tutto ciò a Torino, la capitale dei marocchini italiani, in quanto vi risiede la massima concentrazione di persone originarie del Marocco. Una città in cui negli ultimi anni sono aumentati i segnali di allarme per lo smarrimento delle cosiddette seconde generazioni, con la nascita di bande di ragazzi abbastanza violenti. Segnali che però nascondono una realtà ben più ampia di tanti giovani che studiano e lavorano in città portando con sé certamente anche il dramma della doppia nazionalità, spesso vissuto come un handicap, non sentendosi né di una nazione né dell’altra, ma in mezzo e, appunto, smarriti. Questi giovani sono però soprattutto ricchi di cultura, cresciuti con una lingua madre diversa da quella del Paese ospite, ma avendo imparato in genere molto bene la lingua italiana, spesso sono stati loro a insegnare ai genitori che non avevano avuto occasione di studiare qui. Hanno un bagaglio che li rende potenzialmente favoriti nell’affermazione sociale, anche per quella naturale spinta di rivalsa che caratterizza chi è tenuto un gradino più in basso e non ha trovato facile la crescita. L’orgoglio nazionale per le vittorie calcistiche ha ovviamente conquistato prima di tutto questi giovani, che si sono riversati in massa in piazza per festeggiare nella maniera più gioiosa, mescolandosi ad adulti e anziani, mamme con bambini e passeggini, famigliole allegre in mezzo alla folla che non parevano spaventate dai continui botti che hanno anticipato Capodanno, quanto piuttosto immerse in quella felicità collettiva. Una festa partecipata anche da molti italiani che non avevano la propria nazionale in campo e da tantissimi altri stranieri residenti in città, qualcuno con la bandiera del proprio paese, che sentiva rappresentato dal Marocco, molti con quella palestinese, perché la causa del popolo palestinese resta ben presente nei cuori degli arabi, se non nei loro governi.
Questo bellissimo fermento muoveva da un luogo simbolico della città, Porta Palazzo, il quartiere del grande mercato e la vera e propria porta dei migranti in città. Il corteo raggiante partiva dopo ogni vittoria da piazza della Repubblica imboccando corso Giulio Cesare verso nord, e non nella direzione che sarebbe sembrata più logica, cioè il centro città, come accade per ogni altra manifestazione in occasione delle vittorie calcistiche. No, i marocchini percorrevano la loro strada, il canale che unisce il luogo simbolo della migrazione torinese con Barriera di Milano, la circoscrizione più abitata da stranieri e soprattutto da africani e tra questi dai marocchini. E dunque il corteo impazzava lungo corso Giulio Cesare e si fermava a festeggiare lungamente con tanti fuochi d’artificio, musica e botti di fronte alla chiesa Maria Regina della Pace in piena Barriera, vicino a quella piazza Foroni che s’è allargata in piazza Cerignola per riconoscere i migranti di Puglia, ma ora anch’essa vive di un mercato vivacissimo che riproduce in parte le dinamiche di Porta Palazzo, con la sostituzione dei migranti di origine italiana con quelli stranieri e in particolare marocchini. Sì, questo benedetto orgoglio che finalmente, grazie al calcio, si è manifestato apertamente e ha avuto il gradimento anche da parte di tanti italiani, ha mostrato qual è il centro città per i marocchini torinesi. Che aspettano ancora un riconoscimento da parte della città, la quale, a oggi, non ha ancora dedicato loro neppure una via. Quando ...[continua]

Esegui il login per visualizzare il testo completo.

Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!