La destra ha vinto le amministrative il 26 maggio. La sinistra vinse le politiche nel 2006 e, in precedenza, le europee, le regionali ed altre locali. Prima ancora, nel 2001, la destra aveva vinto le politiche. Ma veramente si tratta di Destra oppure di Sinistra? A me pare piuttosto che quando gli italiani votano in maggioranza a sinistra intendano conservare certi privilegi di massa (seppure non anche quelli dei privilegiati veri) e premiare un certo immobilismo, che cioè votino a sinistra per paura di cambiamenti (pur da discutere) che la modernità (pur da non idolatrare) rende però necessari.
Archetipo: a Sesto S. Giovanni continuano ad esserci gli operai della Falck.
Miti: p.e. terzomondismo però senza povertà; p.e. ecologismo però senza costrizioni.
Ed a me pare che quando invece gli italiani votano in maggioranza a destra intendano “meno raccolta differenziata dei rifiuti e più cashemire e Suv: beni, questi, reali oppure appena fatti sognare”, che cioè votino a destra per paura di cambiamenti (pur da discutere) che il “primo” mondo (pur da non idolatrare) rende però necessari.
Archetipo: accettare o volere un’opulenza da “terzo” mondo, opulenza reale oppure appena fatta sognare. Mito: p.e. il grande fratello e l’isola dei famosi; p.e. immersi nel verde però senza vincoli; p.e. american way of life però in salsa repubblica delle banane.
Se così è, a me pare che specie in Italia in realtà non di destra oppure sinistra si tratti bensì di spensieratezza di tutti e di interesse di tutti soltanto al “privato”.
E’ curioso: pare persino che questa destra italiana fugga in avanti verso un’opulenza suicida; e pare che invece la sinistra italiana fugga all’indietro verso un egualitarismo parimenti suicida, oppure verso un “élitarismo” che, se fosse autentico cioè senza virgolette, dovrebbe essere invece proprio della destra.
Io per vera Destra intendo il rigore che magari lascia o fomenta ingiustizie, ma che anche crea eccellenze, e per vera Sinistra intendo la creatività solidale che magari fa danni alle eccellenze esistenti, ma che anche ascolta, interpreta, anticipa i bisogni -compreso il bisogno di eccellenze- e ne fomenta la messa a fuoco e l’espressione da parte dei deboli. Tanto a destra quanto a sinistra io intendo che fare politica è ascoltare e poi scegliere, e poi accettare e fare accettare vincoli e costrizioni coerenti con le scelte e funzionali a queste ultime. Per vera Destra io intendo ciò che, per situazioni molto diverse, furono o tentarono di essere p.e. Einaudi o A. Costa, e per vera Sinistra Di Vittorio o Dossetti. La Destra può non essere creativa, può limitarsi a gestire bene l’esistente, sebbene consapevole che per gestirlo bene bisogna guardare anche al futuro.
Invece se la Sinistra non è anche creativa, persino “profetica”, allora, in realtà, non è sinistra. Io mi dico di sinistra: ma a Sesto S. Giovanni di operai non ne esistono più, mentre sono cambiati i dati e le strutture tanto della società quanto dell’economia, ed i deboli esistono tuttora. Sono cambiati i dati e le strutture dell’economia: svalutazione relativa, e tuttavia scarsità, delle materie prime non rinnovabili rispetto al prodotto finito, specie se sofisticato; valore in gran parte irreversibilmente crescente della tecnologia, della finanza e del terziario rispetto all’output agricolo e anche industriale relativamente non sofisticato; obsolescenza più rapida dei cervelli; mercato europeo unico e globalizzazione in parte irreversibili e, a certe condizioni che spetta specie alla Sinistra indicare, benefici; costrizioni e costi ecologici crescenti.
Sono cambiati i dati e le strutture della società: la vita più lunga di oltre 20 anni rispetto ai tempi di “Einaudi/Costa e Di Vittorio/Dossetti”; l’invecchiamento demografico e gli immigrati; il ruolo della formazione e della scuola: (a) integrare in senso egualitaristico; (b) però anche creare eccellenze accessibili a tutti; (c) a partire dall’accessibilità per tutti, poi non temere un regime competitivo che però non sia a detrimento dell’integrazione; la necessità di trovare un punto di equilibrio positivo e sostenibile, tra meritocrazia e non-precarietà, tra assistenza e responsabilità personale; il diverso modo di farsi, di vivere e di motivarsi degli individui, delle famiglie e dei gruppi.
E in questi labirinti della modernità i deboli di oggi aumentano tanto di numero quanto per grado di emarginazione e per non-spera ...[continua]
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