L’iniziativa di Rutelli per l’apertura dei negozi la Domenica, più precisamente per l’abolizione dell’obbligo del riposo settimanale, ha trovato opposizione, com’era prevedibile, solo da parte del Papa e di qualche commerciante.
Ha taciuto il vasto fronte che pochi giorni prima, giustamente, si era stracciato le vesti per la coincidenza della data delle elezioni con la Pasqua ebraica. Hanno taciuto i sindacati.
Ritenendo, per contro, la questione estremamente importante, e semplice, cercherò di presentare degli spunti di riflessione sul tema, approfittandone per consigliare due buoni libri, purtroppo di non facile reperimento.
La prima osservazione è di Lewis Mumford ed è tratta da Il mito della macchina. Mumford in questo interessantissimo testo trova nelle antiche civiltà mesopotamiche le origini della “megamacchina” con la quale: “la minoranza dominante creerà una struttura uniforme, onnicomprensiva e superplanetaria, in condizione di operare autonomamente. Anziché funzionare attivamente come personalità autonoma, l’uomo diverrà un animale passivo, privo di scopi e condizionato dalla macchina, le cui funzioni, secondo la visione attuale dei tecnici, saranno assorbite dalla macchina o altrimenti severamente limitate e controllate a beneficio di organismi collettivi spersonalizzati.”
Mumford svela quindi come le “grandi piramidi egizie” non siano altro che “un preciso equivalente statico dei nostri razzi spaziali. Due meccanismi per assicurare, a un costo esorbitante, il viaggio al cielo di pochi privilegiati.” Ed aggiunge: “Questi aborti colossali di una cultura disumanizzata insozzano con monotonia le pagine della storia, dal saccheggio di Sumer alla distruzione di Varsavia e di Rotterdam, di Tokio e di Hiroshima..”.
Ma se vi interessa dovrete leggerlo per intero. Mumford parla del Sabato nel paragrafo Freni alla megamacchina: “Poiché le principali trasformazioni istituzionali che precedettero la costruzione della megamacchina furono magiche e religiose, non dovrebbe sorprendere scoprire che le reazioni più efficaci contro di essa partirono dalle stesse potentissime fonti. Una di queste possibili reazioni mi è stata suggerita da due persone che mi hanno scritto: l’istituzione del sabato fu in effetti un modo per costringere periodicamente all’immobilità la megamacchina, sottraendole il suo materiale umano. Una volta alla settimana essa era sostituita dalla piccola e intima unità fondamentale, la famiglia e la sinagoga, che riaffermava in pratica quelle componenti umane che la grande struttura del potere reprimeva. A differenza delle altre feste religiose, il sabato si diffuse da Babilonia a tutto il mondo, soprattutto per merito di tre religioni, l’ebraica, la cristiana e l’islamica. Ma aveva un’origine locale circoscritta, e le ragioni igieniche addotte da Karl Sudhoff per giustificarla, pur essendo fisiologicamente solide, non ne spiegano l’esistenza. (...) Soltanto il sabato, le classi inferiori della comunità godevano di una libertà, di una tranquillità e di una dignità che gli altri giorni erano riservate alla minoranza degli eletti.
Questo freno, questa sfida non derivavano ovviamente da una consapevole valutazione critica del sistema, ma devono essere scaturiti da fonti collettive assai più oscure e profonde, forse dal bisogno di controllare la vita interiore con un ordinato rituale oltre che col lavoro obbligatorio. Ma gli ebrei che idearono il sabato e lo trasmisero agli altri popoli erano stati certamente più di una volta vittime della megamacchina che li aveva ridotti in schiavitù, e durante l’esilio babilonese associarono al sabato un altro sottoprodotto dello stesso episodio, l’istituzione della sinagoga.”
Per arricchire e completare il punto di vista di Mumford, varrebbe la pena di leggere un altro libro prezioso: Il Sabato-Il suo significato per l’uomo moderno di Abraham Joshua Heschel, filosofo e teologo ebreo. Ecco quella che per Heschel è la vera essenza del sabato: “L’ebraismo è una religione del tempo che mira alla santificazione del tempo. A differenza dell’uomo, la cui mente è dominata dallo spazio, per cui il tempo è invariato, iterativo, omogeneo, per cui le ore sono uguali, senza qualità, gusci vuoti, la Bibbia sente il carattere diversificato del tempo; non vi sono due ore uguali; ciascuna ora è l’unica, la sola concessa in quel momento, esclusiva e infinitamente preziosa.
L’ebraismo ci insegna a sentirci legati alla santità nel tempo, ad essere legati ad event ...[continua]

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