Sabato primo maggio, Radio3 ha trasmesso una parodia della sua trasmissione del mattino di lettura dei giornali "Prima pagina” confezionata dagli studenti di Radio Bue dell’università di Padova. La trasmissione immaginava come potesse essere la stampa del 1 maggio 2030 e riferiva della vittoria nelle elezioni politiche di Ivan Scalfarotto, leader del "Partito per l’Estero”.
Il "Partito per l’Estero” aveva trionfato, spiegava la conduttrice, perché negli ultimi 30 anni l’Italia era stata oggetto di un esodo di massa, e la maggioranza degli italiani ormai viveva tra Stoccolma e Londra, con numerose comunità a Marcinelle, in Belgio, dove le miniere di carbone erano state riaperte a causa dell’esaurimento del petrolio. Nel 2012, secondo gli autori della satira, l’Italia era stata espulsa dall’Unione Europea e aveva allora aderito alla "Lega degli Stati Gazprom” fondata dalla Russia, che in cambio chiedeva lavoratori-schiavi per i propri impianti in Siberia. Nel tentativo di emigrare ad ogni costo, centinaia di gommoni carichi di italiani erano stati respinti dalla marina francese mentre cercavano di raggiungere la Corsica.
Come ben sanno Serena Dandini e Corrado Guzzanti, molto spesso la realtà italiana è troppo vicina alla fantasia perché la satira possa essere efficace. Mentre il chiacchiericcio politico è interamente concentrato sull’immigrazione, chiunque abbia occhi per vedere sa che l’Italia è ridiventata un paese di emigrazione. Un’emigrazione tanto più tragica quanto "invisibile” perché non ci sono file di contadini che abbracciano i parenti nel porto di Napoli o in quello di Genova. Non ci sono offerte speciali, in terza classe, sui piroscafi per l’Argentina. Non ci sono statistiche dei nostri consolati in Svizzera e in Germania sui Gastarbeiter arrivati in quei paesi.
Oggi le statistiche dei giovani che vanno all’estero le tiene Ryan Air, la stragrande maggioranza di chi emigra conserva la residenza in Italia e, ogni tre o quattro mesi, si concede un lungo weekend per salutare i genitori, fare provvista di caffè e intascare un assai necessario sussidio. E’ la vita dello studente Erasmus che si prolunga fino a 30, 35, magari 40 anni.
Chi ha provato a descrivere questa tragedia sociale (non credo esista altro termine per definirla) è stata Claudia Cucchiarato, una giornalista che ha studiato a Bologna e che è partita per Barcellona il giorno dopo la laurea: prima ha collaborato con La Vanguardia, il più importante quotidiano catalano, poi ha trovato un posto fisso in una piccola casa editrice spagnola. Le storie che racconta nel libro sono quelle della sua generazione: Davide, per esempio, "è milanese, si occupa di drammaturgia, ha ventinove anni e da più di cinque vive fuori dall’Italia. Ama il teatro, una passione che ha scoperto relativamente tardi, ma che lo ha preso come un colpo di fulmine. Dopo aver vissuto più di tre anni a Barcellona, studiando all’Universitat Autònoma e collaborando con alcune sale della città, nel febbraio del 2008 Davide ha deciso di trasferirsi con la fidanzata catalana a Berlino. La sua è la storia di un ragazzo inquieto che a Barcellona si è sentito a casa, molto più a suo agio di quanto si sentisse a Milano, ma che a un certo punto ha avvertito la necessità di spostarsi di nuovo, per non accontentarsi, per non sentirsi «arrivato», per continuare a cercare la propria strada”.
Davide, come moltissimi suoi coetanei, si è adattato alla precarietà strutturale della fase del capitalismo rinunciando a fare progetti a lungo termine. Questa è la descrizione che ne fa l’autrice: "Vive alla giornata, rolla sigarette di tabacco economico nelle cartine Ocb, ha imparato a mantenersi con poco e a non preoccuparsi per il futuro: un finanziamento, una borsa di studio, un premio, un lavoretto di traduzione o di redazione arriva sempre, basta non smettere di muoversi. Suo padre lo appoggia: nemmeno a lui piace Milano ed è orgoglioso dei risultati ottenuti dal figlio oltreconfine. (…) «Economicamente la mia situazione è sempre stata abbastanza precaria, eppure ce l’ho fatta e ce la faccio tuttora. Dopotutto avevo pochissime spese: 250 euro di affitto per una stanza in un appartamento in centro, da dividere con altre due ragazze e due gatti; e poi mi ero posto come limite di sborso 10 euro al giorno. Pranzi e cene solo in casa, feste da amici o direttamente in spiaggia. La spesa la facevo al mercato della Boqueria, sulle Ramblas: se sai dove cercare e quali sono le bancar ...[continua]

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