Il socialismo ha avuto alterne fortune negli Usa. I suoi sostenitori non hanno mai avuto una reale possibilità di arrivare al potere. Tuttavia, all’inizio del XX secolo, negli anni ‘30 e poi di nuovo negli anni ‘60, essi influenzarono il clima intellettuale e la formazione di diverse opzioni politiche. Tale influenza si è indebolita con il riflusso dopo gli anni ‘60, ma oggi il richiamo del socialismo sta vivendo una specie di rinascita. Gli otto anni dell’amministrazione Bush hanno prodotto il maggiore incremento del reddito nella storia degli Usa. Secondo il Center of Budget and Policy Priorities (9 settembre 2009), i due terzi dell’incremento di reddito a livello nazionale dal 2002 al 2007 è finito nelle tasche dell’1% delle famiglie più ricche. L’ultima volta in cui una percentuale così elevata del maggior reddito era fluita nelle tasche dell’1% delle famiglie più ricche, lasciando soltanto una piccola fetta al 90% delle famiglie meno abbienti, è stato durante gli anni ‘20.
Immediatamente dopo l’11 settembre, il presidente Bush e i suoi amici neoconservatori hanno cominciato a rafforzare lo stato nazionale securitario e ad attuare una politica estera apertamente imperialista. Il tutto accompagnato da un’offensiva economica interna.
Nel nome della classe capitalista -non esiste altro modo realistico per dirlo-, sono state introdotte politiche mirate a deregolamentare radicalmente il mercato e gli affari, a tagliare i servizi sociali e a preparare il terreno per le motivazioni giuridiche che avrebbero cancellato ogni limite di spesa per le campagne.
Dopo l’elezione di Barack Obama, questa offensiva ha trovato un nuovo bersaglio: gli aiuti per i mutui, i programmi ambientalisti, l’estensione dei sussidi di disoccupazione, le cause contro chi impiega immigrati irregolari e la riforma sanitaria hanno affiancato il salvataggio delle banche e la cosiddetta "oversight legislation” per la borsa, descritta dal New York Times (21 maggio 2010) come la più massiccia revisione nel campo delle regolamentazioni dalla fine della Grande Depressione.
Si è trattato di politiche sufficientemente socialiste? Certamente la pensava così Newsweek, che il 16 febbraio 2009 titolava: "Adesso siamo tutti socialisti”. Potenti settori dell’estrema destra si sono galvanizzati attorno a questa percezione. La riforma sanitaria è stata attaccata nel corso della recente Conservative Political Action Conference (20 febbraio 2010) ed è stata definita "una macchina secolare socialista”. Su un’enorme bacheca in Iowa compare una foto del Presidente Obama accanto alle foto di Lenin (socialismo marxista) e Hitler (nazionalsocialismo). Una falange di conduttori di talkshow radiofonici pazzescamente popolari e reazionari come Glen Beck, Rush Linbaugh e Bill O’Reilly ora usano il termine "socialismo” come una parola jolly per indicare qualunque politica volta a rafforzare la funzione sociale dello stato. La stessa cosa vale per i populisti di destra del "tea party”. Anti-welfare, anti-intellettuali e sempre più razzista, questo gruppo è apertamente ostile a qualsiasi proposta di ridistribuzione della ricchezza.
Stranamente, però, i timori della destra nei confronti del socialismo non sono del tutto infondati. Alcuni sondaggi di Pew, Gallup e Rasmusson hanno rivelato che il 29% degli americani vede il socialismo in termini positivi, mentre il 17% lo considera superiore al capitalismo e i numeri salgono fino a raggiungere il 43% tra i giovani tra i 18 e i 30 anni (Common Dreams, 18 Maggio 2010). Tuttavia gli stessi sondaggi sottolineano che i partecipanti non sono necessariamente chiari circa il significato da attribuire a termini come socialismo. Alcuni esponenti di sinistra usano l’ideale socialista per stigmatizzare le mancanze dell’Amministrazione Obama; altri invece no.
Le critiche legittime alle politiche ambigue in Afghanistan e Iraq sono accompagnate da accuse, spesso veementi, di una svendita dopo l’altra sul fronte interno. Alcuni critici di sinistra sostengono che la politica finanziaria non avrà alcun effetto sulle banche che sono troppo grandi per fallire. Alcuni insistono sul fatto che la riforma sanitaria debba prevedere un piano di assicurazione individuale, mentre altri sostengono la necessità dell’"opzione pubblica”. Altri ancora chiedono una maggior enfasi sulla creazione di nuovi posti di lavoro. Alcune di queste accuse sono indubbiamente legittime. Tuttavia, riferendosi ad alcuni dei punti più radicali del New D ...[continua]

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