I diritti umani e la realpolitik sono caratterizzati da due approcci molto diversi alla politica internazionale. Non è questo il luogo per una disquisizione filosofica sulla relazione tra questi elementi, né per analizzare la loro connessione con la politica estera statunitense.
I diritti umani e il realismo politico hanno le loro tradizioni, che sono generalmente viste come profondamente opposte. Ma la relazione tra le due linee politiche è diventata più evidente in una società sempre più globale. Questo nuova miscela di diritti umani e realismo politico rappresenta l’essenza della domanda fondamentale che i cittadini dovrebbero porsi nel giudicare la politica estera americana -oggi e nel futuro.I diritti umani hanno fatto presa sull’immaginario popolare nell’immediato secondo dopoguerra.
Sembravano poter offrire una risposta al cinico realismo politico dei leader totalitari, come alla barbarie di ciò che Daniel Rousset definiva "l’universo dei campi di concentramento” esemplificati da Auschwitz e dai Gulag. Con la liberazione del mondo ex-coloniale e la fine del socialismo come ideologia capace di muovere le masse, l’idea di diritti umani rinvigoriva la speranza di un mondo più civile. I diritti umani hanno le loro radici nella Bibbia, nella legge naturale, nella nozione umanista classica di "dignità dell’uomo”.
Ma l’idea moderna di umanità viene dall’Illuminismo e dalle rivoluzioni repubblicane svoltesi nel periodo 1688-1789. Era l’epoca della nascente borghesia, la cui visione dell’autodeterminazione nazionale era fondata sulla repubblica liberale e su un riconoscimento universale dei diritti. Ogni nazione era titolare del diritto di determinare il proprio destino e l’esercizio di quel diritto richiedeva la presenza di uno stato liberale dove gli individui potessero beneficiare delle libertà civili2.Per quanto riguarda il realismo politico, le sue origini possono essere rintracciate nel "Dialogo degli Ateniesi e dei Meli” in Storia della Guerra del Peloponneso (410 a.c.) di Tucidide e, anche più indietro, ne L’arte della Guerra (610 a.c.) di Sun Tzu.
Opere come queste hanno anticipato Il principe (1532) di Machiavelli -che potrebbe essere considerato come la Bibbia del realismo politico- e Il Leviatano (1651) di Thomas Hobbes. Rispecchiando l’ascesa dei moderni stati assolutisti, questi classici mettono in luce la paura della democrazia, del caos, e la predilezione per l’autorità e la stabilità.
Introducono l’idea di Ragion di stato e dell’equilibrio dei poteri, della sovranità e della leadership, dell’interesse nazionale e del vantaggio geopolitico, così come l’interpretazione moderna dell’assunto che "il potere dà diritto”.
Le prospettive che vengono ora associate con i diritti umani, al contrario, vengono sempre impiegate per mitigare l’esercizio del potere arbitrario da parte di stati guidati solo dal realismo politico. Per questo i diritti umani e il realismo politico vengono visti come politicamente opposti.  I diritti umani si fondano su assunti universali come il libero esercizio della legge, mentre il realismo politico si fonda sugli interessi nazionali. I diritti umani sono animati da fini etici associati alla legge e alla libertà, mentre la realpolitik si affida a mezzi a breve termine per assicurarsi il potere. I diritti umani prediligono sempre la libertà dell’individuo contro lo stato mentre il realismo politico si fa campione delle esigenze della Ragion di stato.
Lasciare le cose così come sono, in ogni modo, è a detrimento sia dei diritti umani sia del prudente esercizio del potere politico. Promuovere i diritti umani senza tenere in considerazione gli interessi politici è una modalità miope di approcciare la realtà. I realisti politici ricordano spesso come la strada per l’inferno sia lastricata di buone intenzioni. I più importanti rappresentanti della tradizione realista, come George Kennan e Hans Morgenthau, hanno sempre insistito sul fatto che riconoscere la realtà crassa del potere è condizione necessaria sia per difendere sia per aumentare la libertà. Ma questo non è sufficiente. Parlare entusiasticamente degli interessi e del potere è altrettanto pericoloso. Porta ad una forma di diffidenza (specialmente verso una superpotenza come gli Stati Uniti in un mondo multi-polare) e ad un "clima morale” in cui tutti i mezzi sono legittimi nella lotta per il potere.
Vale la pena considerare queste implicazioni anche quando si parla di tattiche terroristiche, comp ...[continua]

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