Hong Kong, febbraio 2007
Cari amici,
mentre vi scrivo questa lettera tutti intorno a me si stanno preparando al Capodanno cinese, che quest’anno cade il 18 febbraio. Seguendo la tradizione, sono tutti indaffarati a imbiancare i muri scrostati, a buttar via le cose vecchie e inutili (non vi dico le pile a fianco ai bidoni della spazzatura), a decorare con bei festoni rossi tutto il decorabile; questo per arrivare al giorno del Capodanno in ordine come scolaretti innamorati della maestra. Le bambine, la prima settimana di Capodanno, indossano tuniche rosse e fiocchi nei capelli. Ma il 18, tutti si mettono almeno un golfino rosso, anche se rammendato.
Sarà l’Anno del Maiale che, nel mondo cinese, ancora legato a una civiltà contadina, è un segno zodiacale di grande auspicio. Simbolo di prosperità e ricchezza, secondo i complicati calcoli dell’almanacco cinese, l’anno che sta per arrivare dovrebbe essere positivo per gli affari. I nati sotto il segno del maiale sono fortunati, specie per le finanze, e gli ospedali della regione stanno potenziando i reparti maternità, dato che è uno degli anni preferiti per far nascere bambini. E parlando di parti e partorienti...
Da dieci anni a questa parte alcune migliaia di donne cinesi cercano di aggirare la politica di un solo figlio per famiglia venendo a partorire a Hong Kong. Per non spendere troppo, però, vengono qui all’ultimo minuto (come "turiste”, ricevono permessi di soggiorno di appena tre mesi, anche se Hong Kong è tornata da dieci anni sotto sovranità cinese), provocando alcune difficoltà. Quella più citata e temuta dai medici è di ritrovarsi in reparto una partoriente mai vista prima, sulla quale non si ha alcuna cartella clinica, con possibili complicazioni in caso di imprevisti. Così dal primo febbraio l’ente competente per l’immigrazione di Hong Kong controlla tutte le donne in stato avanzato di gravidanza per assicurarsi che abbiano una prenota- zione ospedaliera rimandandole indietro in caso contrario.
Ascoltando le chiacchiere dei conoscenti, però, colpisce la diffidenza che rimane fra Hong Kong e il continente cinese: i cinesi provano risentimento per Hong Kong a causa della sua ricchezza, ottenuta sotto i colonialisti britannici. Per gli hongkonghesi, i cinesi sono senza educazione, dei "nuovi ricchi” un po’ imbroglioni. A dar manforte al pregiudizio è capitato che alcune donne cinesi scappassero dagli ospe- dali (più costosi rispetto alla Cina) senza pagare, o che alcune donne di Hong Kong si trovassero in reparti di maternità improvvisamente affollati. In questa città di rifugiati poco pronta a estendere solidarietà ai nuovi venuti, il denaro è sovrano e il commento, anche da parte di persone da cui non ce lo si aspetterebbe, è laconico: "Vengono qui e non pagano!”. Adesso le autorità preposte all’immigrazione fanno pagare subito le donne incinte che non hanno una prenotazione ospedaliera già timbrata, o rifiutano loro l’ingresso. Qualcosa di sordido e discriminatorio aleggia sull’intera faccenda, e vi lascio immaginare gli episodi imbarazzanti in cui donne rotondette sono state prese per gravide.
Altro rituale di Capodanno, importantissimo a Hong Kong, è quello di mettere a posto la contabilità della propria impresa, piccola o grande che sia, per valutarne la salute. È anche il periodo più temuto dai lavoratori dipendenti, dato che è il momento di chiusure, dichiarazioni di bancarotta e licenziamenti. In Cina, invece, in questo periodo si acui- sce la tragedia dei lavoratori migranti (frutto di migrazione interna, in particolare dalle campagne verso i poli industriali) che non ricevono i salari. Non è una novità, è sui giornali tutti i giorni, ma rimbalza nell’indifferenza delle notizie "note”, drammi già sentiti che non fanno più effetto. Oggi sul giornale c’era la foto di un poliziotto che cerca di convincere un muratore non pagato da mesi a non buttarsi giù da un’impalcatura in ferro, e il suo volto da persona povera e tradita è difficile da dimenticare.
Infine, il Capodanno cinese è come il Natale in Italia: la festa per eccellenza da passare con i familiari. Questo porta a quella che è stata definita la "più grande migrazione di massa in tempo di pace”. Si calcola che in questo periodo i cinesi compiranno all’incirca due miliardi di viaggi, in treno, nave, autobus o aereo, per far visita alle famiglie e, pur volendo buttarsi nella bolgia, è impossibile trovare anche un solo biglietto per andare da qualche parte. Per qualcuno sono anche giorni tristi: per chi è mancato dalla famiglia a lungo, lavorando in città lo tane, la vergogna di tornare a mani vuote può essere un’ammissione di fallimento che, dopo tanto faticare, porta alla disperazione.
Lettera dalla Cina - 145
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