Cari amici,
dall’inizio dell’anno si parla, con rinnovato entusiasmo, di eliminare i campi di rieducazione tramite il lavoro in Cina. È un sistema brutale,
che rinchiude da un minimo di tre a un massimo di quattro anni (rinnovabili) degli individui dentro una specie di prigione, senza processo, per infrazioni non previste dal codice criminale. Così, i campi sono pieni di tossicodipendenti, prostitute, ladruncoli (per il codice cinese, il furto è tale solo dai 200 euro in su), mendicanti, seguaci di Falungong (il gruppo spirituale messo furi legge dalle autorità) e persone considerate asociali o che generalmente "creano problemi”, ma che non possono essere messe in prigione perché non hanno commesso crimini. Pochi sono i prigionieri politici, oggi, che vengono messi in altre istituzioni: in prigioni vere e proprie, in alcuni casi negli ospedali psichiatrici o, spesso, agli arresti domiciliari non dichiarati.
Dato che il sistema, modellato su un’idea sovietica, non fa onore a nessuno, si parla spesso di riformarlo o eliminarlo: lo scrittore Kang Zhengguo (l’autore degli Esercizi di Rieducazione, Laterza, di cui vi ho già tessuto le lodi in passato), a cui avevo telefonato per sapere come accogliesse queste discussioni, non mi è parso molto pronto a crederci: "Quando mi hanno sottoposto alla rieducazione, nel 1958, parlavano già di chiudere i campi. Sono uscito quattro anni dopo, e ancora ne parlavano. Se lo facessero sarebbe un gran bel giorno, ma ci crederò quando succederà”, mi ha detto.
A Hong Kong invece il professore Fu Hualing, un giurista universitario, mi è parso un po’ più ottimista: "Il problema è che a nessuno piacciono i campi di lavoro, solo alla polizia. Per i giuristi è un sistema sospetto, dato che elimina completamente il ruolo della giustizia. E per i politici è un sistema troppo brutale, che li fa sentire a disagio. Nemmeno per la polizia è il massimo, ma conferisce loro un sistema pratico e spiccio per eliminare gli indesiderabili”, mi ha detto. E questo rimanda ad un’altra questione: l’assenza per le strade cinesi di poveri o altre persone che mostrano le ferite del Paese. Certo, qualche mendicante c’è, ma non si vedono molti senzatetto o alcolizzati, o persone che nel resto del mondo sono sotto gli occhi di tutti, rivelando il fallimento della società. Tutti quelli che si innamorano del miracolo economico cinese lo dicono sempre: "Guarda, si può criticare il Partito Comunista Cinese, ma ha fatto cose fantastiche per la Cina, qui non è come l’India, con gli slum, con i poveri affamati dappertutto, bisogna riconoscere che qui si sta molto meglio!”. Senza considerare che qui per l’appunto molte delle persone che stonano, che sono come "un pugno in un occhio” vengono nascoste. Non è chiaro quanti siano i forzati: le stime vanno dalle 160.000 alle 300.000 persone, senza contare chi è in altre istituzioni o in quelle "prigioni clandestine” dove sono rinchiusi illegalmente i "postulanti” (le persone che sono state vittime di abusi da parte delle autorità locali e cercano di appellarsi alle autorità centrali per vederli sanati); le autorità locali, dunque, ricorrono a mezzi extra-legali per toglierli di torno.
A rendere meno visibili le favelas in Cina c’è anche il sistema dell’hukou, il permesso di residenza interno di cui, di nuovo, si parla di sbarazzarsi ormai da anni. L’hukou significa che chi non ha più lavoro in piccole città o in campagna non può cercare fortuna altrove, dato che non ha il permesso di risiedere in città come Pechino, Shanghai o Guangzhou (le più ricche della Cina) anche se è cinese.
Insomma, il rinnovato ardore nel parlare di eliminare questo sistema non si sbilancia per ora fino a parlare di date o a dire se saranno semplicemente relegati nel passato oppure sostituiti con qualcosa di simile con un altro nome.
Per quanto riguarda la regione dello Yunnan, ai confini con il Vietnam e la Birmania, per esempio, c’è già stata la dichiarazione che i detenuti nei campi di rieducazione tramite il lavoro sono poche decine, e che sono tutti tossicodipendenti: per loro, dunque, trasformare i campi di rieducazione in campi di disintossicazione il passo sarebbe breve, ma di nuovo, il tutto con scarsa supervisione o legalità.
Fu Hualing dice: "Il problema è che la Cina è molto più povera di quello che vuole apparire. Sarebbe giusto vederle le persone che vogliamo nascondere. Non è normale che in un Paese come il nostro il numero dei mendicanti sia così basso, che i senza tetto siano tenuti lontani dai nostri occhi come se non esistessero: la tendenza a nascondere queste persone rivela l’immaturità e l’insicurezza dei nostri leader, e della nostra società stessa”. E anche l’ingenuità di quelli che ancora s’innamorano del modello autoritario cinese, credendo che quello che non si vede per le strade semplicemente non esista.
Ilaria Maria Sala
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Ilaria Maria Sala, giornalista, vive a Hong Kong, scrive per Le Monde, Diario e il Sole 24 ore. Recentemente ha pubblicato Il Dio dell’Asia, Il Saggiatore, 2005.Partiamo dalla Cina. Si parla molto del boom economico, ma la popolazione come sta reagendo a ...
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