Sono almeno vent’anni che, nella dimensione e nello spazio pubblici, la memoria ha avuto il sopravvento sulla storia. I motivi, più che legittimi e giustificati, di porre le vittime al centro dell’attenzione e della riflessione della storia recente, hanno permesso di costruire in tutto il mondo monumenti, memoriali, percorsi di memoria che hanno aiutato ad avere una conoscenza più ampia e completa dei fatti avvenuti. Il riconoscimento, almeno in via di principio, della cultura dei diritti, della democrazia e della partecipazione, ha permesso di costruire un sistema di valori che costituisce ormai una sorta di etica internazionalmente accettata.
Se quindi è acquisita, in tutta Europa e in tutto il mondo, l’importanza della memoria e della voce soggettiva delle vittime -si pensi alla istituzione di molte giornate incentrate sulla memoria e ai memoriali che sono sorti sulla Shoah, sulle vittime delle guerre e dei totalitarismi, delle stragi e delle repressioni violente- bisogna anche riconoscere che l’attenzione alla storia si è fatta più flebile, spesso sopraffatta proprio dalla ridondanza di memorie che hanno costituito il centro delle iniziative pubbliche e dell’attenzione politica.
In un momento come quello attuale, segnato dalla globalizzazione crescente, dalla presenza in ogni paese di forti minoranze provenienti da culture diverse (ognuna con le proprie memorie storiche), dall’assenza nelle giovani generazioni di una coscienza storica forte (sia per quanto riguarda gli eventi della storia nazionale e globale sia per quanto riguarda le interpretazioni che se ne sono date), c’è bisogno di un forte ritorno alla Storia come punto di riferimento e fonte di una coscienza critica moderna e consapevole.
Proprio perché ormai è un fatto assodato che la memoria delle vittime è un punto essenziale e ineliminabile di ogni ricostruzione storica, bisogna anche sottolineare come una coscienza critica e moderna non può fondarsi solo su essa, ma deve basarsi sulla "complessità” della storia, sui suoi aspetti molteplici e contraddittori, gli unici che possono permettere di "comprendere” quanto è avvenuto e di trarne, quindi, indicazioni -politiche, morali, culturali- anche per il presente.
Il fascismo, e l’Italia durante il fascismo, deve oggi diventare qualcosa di più di una semplice storia del regime fascista. Esso deve diventare oggetto di un percorso illustrativo ed educativo che vada oltre la necessaria, ovvia e meritoria condanna di un totalitarismo che ha distrutto la democrazia e negato i diritti umani, che è stata fatta da tempo e che è ormai condivisa dalla stragrande maggioranza. Questo percorso deve diventare strumento di conoscenza e insieme di educazione critica, in modo da far leggere e giudicare autonomamente le esperienze della storia una volta che il racconto dei fatti e la narrazione del contesto possano interagire con la coscienza civile e democratica di chi osserva (e aiuti a costruirla per chi ancora guarda con stereotipi, pregiudizi o menzogne accumulate nel tempo).
Il piano di ristrutturazione e riuso della Casa del Fascio di Predappio dovrà partire da una riflessione sui musei di storia contemporanea e dei loro risultati e proporsi come un progetto d’avanguardia che possa intrecciare una conoscenza basilare della storia del fascismo e dell’Italia durante il fascismo, la possibilità di vivere esperienze relative a quel periodo grazie alla partecipazione/interazione che le nuove tecnologie permettono, l’accrescimento di una capacità critica che possa permettere -sulla base anche di testimonianze dei protagonisti e delle vittime del regime- un autonomo giudizio etico-politico storicamente fondato. È la riflessione storica che deve diventare il punto di partenza e la base per una riflessione/scelta di valori che, per quanto condivisi dalla maggioranza, non si possono dare per scontati e acquisiti, e neppure possono solo essere propagandati, ma devono essere conquistati con la conoscenza e la riflessione.
Il carattere complesso e contraddittorio dell’esperienza storica è qualcosa che va oltre la semplice -e comunque necessaria- individuazione di valori, e deve riuscire a dar conto delle difficoltà delle scelte etico-politiche, e a volte radicali, che si pongono di fronte a tutti i cittadini in alcuni momenti storici. Un museo storico non è mai, se concepito e realizzato con criteri moderni, la celebrazione di un "punto di vista” della storia, né di quello che ha vinto ma neppure di quello più "giusto”; bensì lo strumento per comprendere la storia e interagire con essa sulla base delle conoscenze, dei valori, dei problemi del presente. Il fascismo è stato al centro di quel sistema di regimi totalitari che ha caratterizzato l’epoca tra le due guerre e che, per una parte d’Europa, è proseguito anche oltre. La coscienza europea odierna, fondata sui valori di democrazia, diritto, partecipazione e unità dell’Europa che si sono imposti dopo il 1945 e dopo il 1989, ha bisogno di una riflessione storica che aiuti la costruzione di una memoria comune, che non può che fondarsi sulla comprensione e sulla conoscenza critica di quanto avvenuto.
Predappio, che rimane necessariamente, comunque lo si veda, un "simbolo” ineliminabile della storia legata al fascismo, deve cessare di essere un momento di quella "memoria”, soggetta ai flussi più deleteri della nostalgia, per diventare il momento propulsore di una diffusione di conoscenza storica e comprensione della sua complessità. La Casa del Fascio dovrà essere il centro di un percorso educativo permanente su più piani che possa diventare, grazie a un progetto originale e innovativo, un momento indispensabile per la costruzione e il rafforzamento della identità storica italiana e europea.
Marcello Flores