Marcello Flores, storico, insegna Storia comparata e Storia dei diritti umani all’Università di Siena, dove dirige anche il Master europeo in Human Rights and Genocide Studies.
Fa parte del Comitato scientifico e del Comitato editoriale di
Storia della Shoah. La crisi dell’Europa, lo sterminio degli ebrei e la memoria del XX secolo (Utet), di cui sono usciti sei volumi. Sempre per la Utet, ha curato l’opera in sei volumi Diritti umani. I diritti e la dignità della persona nell’epoca della globalizzazione, uscita nel 2007. È direttore scientifico dell’Insmli, Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia.

È in discussione una legge che punisce il negazionismo. Assieme ad altri storici sei intervenuto per contrastarla. Puoi spiegare?
La questione della legge sul negazionismo si è posta ultimamente in un modo relativamente nuovo rispetto al passato. Anni fa c’era stato il tentativo del ministro della giustizia Mastella di introdurre il reato di negazionismo per la negazione soltanto della Shoah, tentativo poi abbandonato a favore della modifica di una legge già esistente sull’istigazione all’odio e al razzismo.
Alla fine della precedente legislatura e all’inizio di questa è stato ripresentato un disegno di legge per venire incontro a una decisione quadro europea di qualche anno fa di inserire in tutte le legislazioni nazionali il reato di negazionismo. In un modo,però, estremamente ambiguo, perché si intende per negazione anche quella che è chiamata la "grossolana minimizzazione”, che è qualcosa di arbitrario e soggettivo da stabilire.
Diciamo che questa legge avrebbe avuto il consueto iter lungo e travagliato, anche se era stata firmata da un centinaio di deputati di tutti gli schieramenti, se non che le ultime vicende, la morte di Priebke, le polemiche legate al suo funerale e il fatto che questo avvenisse nel 70° anniversario della cattura degli ebrei italiani nel ghetto di Roma, ha spinto immediatamente a intervenire volendo in qualche modo cavalcare queste proteste e le emozioni suscitate dagli ultimi avvenimenti.
A questo, punto, però la Commissione giustizia in cui si è discussa la questione, invece di riprendere il disegno di legge in corso, e casomai accelerarlo, ha deciso di fare una formulazione nuova, molto più sintetica, da inserire in un articolo già esistente del codice penale, il 414, che è quello che riguarda l’apologia di reato. In questo articolo viene aggiunto che è condannato da tre a cinque anni chiunque neghi un crimine di guerra, genocidio o crimine contro l’umanità. In questo modo si amplia enormemente il discorso, che non riguarda più solo tutti i genocidi, ma anche i crimini di guerra e contro l’umanità, lasciando un’estrema ambiguità e quindi una grande arbitrarietà al giudice chiamato a deliberare.
Perché siccome non c’è nessuna lista di quali sono i genocidi e ancor meno i crimini contro l’umanità, si tratta di farlo stabilire a un giudice. A cosa può far riferimento il giudice? Ai tribunali internazionali? In questo caso gli unici genocidi riconosciuti sarebbero la Shoah, il Rwanda e Srebrenica. Salvo che il caso di Srebrenica è stato molto discusso e dibattuto, non solo perché c’è stata la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che ha stabilito che c’è stato un genocidio, ma che nessuno era responsabile; i serbi sono stati assolti per questo. Ma ci sono fior di giuristi per i quali Srebrenica non può essere considerato tecnicamente un genocidio, bensì un crimine contro l’umanità, di pulizia etnica...
Quindi, già nei casi in cui ci sono delle sentenze internazionali, le cose sono complicate. Ma poi questo cosa comporta? Che quando un giurista sostiene che secondo lui quello non è genocidio lo possiamo punire? Che impediamo ogni discussione su questi fatti?
Oppure i giudice potrebbe far riferimento ai tribunali nazionali. Allora, in questo caso c’è, per esempio, il Tribunale, in realtà misto, della Cambogia che ha emesso due condanne per il momento, ma non ha mai voluto parlare di genocidio, bensì sempre di crimini contro l’umanità. Qui, se uno volesse parlare di genocidio per la Cambogia cosa succede? Ci sono invece tre tribunali argentini che hanno stabilito che negli anni della dittatura militare c’è stato un genocidio. In questo caso dobbiamo accettare la decisione della corte argentina e quindi, anche lì, se qualcuno dice che non c’è stato genocidio possiamo applicargli la legge contro il negazionismo?
In realtà, qui ...[continua]

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