Avendo dovuto per mestiere seguire sin dal 1995 lavoratori esposti all’amianto, nel corso di un recente viaggio in Vietnam mi sono imbattuto in una situazione quantomeno inaccettabile. Il fenomeno degli effetti della massiccia presenza di lavorazioni comportanti l’uso diretto o indiretto di materiali in amianto (dall’Eternit alle coibentazioni ferroviarie, dall’edilizia alla chimica, ecc.) mostrerà, secondo dati ormai accettati nella comunità scientifica italiana, una curva in aumento di malattie professionali correlate, come i tumori, sino al 2020, per poi decrescere in ragione della quasi totale cessazione dell’uso nazionale tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta. Anch’io nel 1990 di amianto avevo sentito parlare vagamente, ma dal 1992, anno di definitiva abolizione del suo uso (l. n. 257/92), ho avuto modo di occuparmene massicciamente (in via giudiziale per moltitudini di lavoratori metalmeccanici) e tutt’ora il problema pervade le aree di moltissimi siti produttivi (oltre all’Eternit di Casale Monferrato, si pensi all’Ilva di Taranto, alla Fincantieri di Monfalcone e Genova e Napoli; ci sono moltissimi impianti e luoghi di lavoro che hanno sottoposto i lavoratori italiani a rischio di inalazione di anfiboli e polveri). Attualmente si stimano i decessi collegati sicuramente all’amianto in circa 2.000-2.500 all’anno. C’è però da dire che, con qualche doveroso distinguo (le bonifiche sono avvenute a macchia di leopardo e non dovunque), dal 1992 effettivamente l’uso di amianto nel processo produttivo da noi è crollato ed è rimasto solo in fase di decoibentazione (ferrovie, navi, ecc.) in alcuni manufatti edili o quale rischio negli interventi di riparazione.La giurisprudenza nazionale (e a dire il vero anche quella di altri paesi Ue) ha stabilito che la consapevolezza dell’esistenza di una ragionevole certezza in ordine alla nocività e pericolosità dell’uso di amianto, peraltro ritenuto fonte di rischio sin dagli anni Trenta, sia da imputare quantomeno agli anni Sessanta, laddove le conoscenze in merito alla sua cancerogenicità vennero diffuse anche fuori dal consesso scientifico a seguito del "Congress on biological effects of asbestos” organizzato dalla New York Academy of Sciences (1964). Questo per quanto riguarda la valutazione di una conoscenza del nesso di causa tra rischio elevato e malattia. Insomma, per farla breve: in Europa e Usa l’esposizione ad amianto può essere considerata riconosciuta (pubblicamente) quale fonte di rischio cancerogeno sin dagli anni Sessanta, e ne è stato abolito l’uso gradatamente in Europa (e altri paesi) tra la metà degli anni Ottanta e il 1992 (per i paesi Ue attraverso due Direttive comunitarie). Le resistenze, più che della Comunità scientifica, vennero da quella produttiva, stante l’economicità e fungibilità dei materiali in amianto, sostituibili solo con altri prodotti ben più costosi. Ebbene, durante un’escursione avvenuta nel mese di maggio di quest’anno presso alcuni villaggi delle minoranze H’mong neri (territorio a nord di Hanoi, verso il confine con Cina e Laos, nei dintorni di Sa Pa, distretto di Lao Cai), passeggiando in mezzo ai meravigliosi terrazzamenti inondati di acqua per la coltivazione del riso, dove ancora i lavori avvengono esclusivamente a mano con un aratro in legno trainato da un bue, mi sono accorto che quasi tutte le capanne avevano dei tetti con onduline tipo Eternit. Non credevo ai miei occhi: paesaggio bucolico ed Eternit! Dopo il processo avvenuto a Torino recentemente sui danni provocati a Casale Monferrato (circa 2.000 decessi accertati quali correlati all’inalazione diretta o indiretta) la sensibilità di un cittadino che per ventura è anche avvocato del lavoro (quindi difensore di esposti ad amianto e loro superstiti, purtroppo) è assai alta. Mi sono chiesto com’era possibile che quello che noi abbiamo accertato ormai al di là di ogni ragionevole dubbio come rischio cancerogeno potesse essere un materiale tranquillamente in uso in un paese orientale. Peraltro teoricamente governato da un partito dei lavoratori. Cercando in internet ho facilmente scoperto che se in Italia (Europa, mondo occidentale in genere) la situazione è quella che ho riassunto, nel resto del mondo le cose vanno molto peggio. Sono soltanto una cinquantina i paesi che hanno bandito l’amianto. Grandi paesi come la Russia, il Canada e la Cina continuano a produrlo ed esportarlo. Anche negli Usa, nonostante il suo utilizzo sia fortemente calato rispetto ai decenni passati, l’amianto non è proibito. A passarsela peggio sono come sempre i paesi del Sud del mondo, i più poveri: in questi luoghi l’amianto viene estratto e lavorato senza che i lavoratori godano di alcuna protezione. Una parte di questo amianto è importato da altri paesi, come il Canada, che resta un importante produttore ed esportatore, l’unico fra i paesi occidentali.
L’amianto che il Canada continua a estrarre dalle sue infinite miniere viene esportato e lavorato in questi paesi, dove manca un sistema di tutela dei lavoratori e dove, naturalmente, la manodopera è molto più economica. È il caso dell’India, solo per fare un esempio, dove i lavoratori, spesso donne, maneggiano senza protezione le micidiali fibre di crisotilo andando incontro a una sicura malattia, tanto che una coalizione di gruppi e associazioni, fra cui la Ibas (International Ban Asbestos Secretariat), che si batte per la messa al bando dell’amianto in tutto il mondo, ha pubblicato nel 2008 un report intitolato: "India’s Asbestos Time Bomb”. In questa pubblicazione si calcola che nei prossimi anni il paese vedrà una crescita vertiginosa delle malattie polmonari, legata al fatto che la produzione di amianto è aumentata fortissimamente negli ultimi anni. Parte di questo amianto viene proprio dal Canada. Anche in altri paesi, come Pakistan, Thailandia, Vietnam, l’amianto è una vera e propria bomba a orologeria che potrebbe provocare decine di migliaia di morti nei prossimi decenni. Un problema di questi paesi poveri (ne sono stati citati solo alcuni, ma la lista sarebbe lunga) sono anche le piccole cave di amianto disperse sul territorio: le micidiali polveri si spargono infatti con facilità estendendosi sui centri abitati, quasi sempre attaccati alla zona di estrazione. Decine di migliaia di persone respirano ogni giorno le micidiali polveri di crisotilo. La lunga latenza di queste malattie fa immaginare che la tremenda scia di vittime durerà ancora per molti decenni se non si arriverà in tempi brevi a una messa al bando mondiale. Oggi su internet (fate pure la prova) potete addirittura ordinare polvere, tettoie e altri manufatti in amianto. È sufficiente digitare "Vietnam amianto” e troverete notizie, siti e produttori che potrebbero servirvi e che saranno ben felici di recapitarvi il materiale a domicilio (come per esempio la Vietnam Investment and technology development company limited).
Massimo Tirelli
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