Francesco Ciafaloni lavora all’Ires-Cgil di Torino e si occupa in particolare di problemi legati all’immigrazione.

Tu sostieni che la nuova legge sull’immigrazione è più che altro un insulto perché sul piano pratico non avrà alcuna conseguenza. Cosa vuoi dire?
Quando dico che la legge è più un insulto che una serie di provvedimenti restrittivi, intendo che l’effetto d’eco, d’opinione, e il conseguente peggioramento della condizione degli immigrati presenti sul nostro territorio che ne deriverà, sarà maggiore dell’effetto di freno reale all’immigrazione. In pratica, siccome la domanda di lavoro è in aumento, e crescerà ancora nei prossimi anni, per forza altre persone entreranno in Italia. E ciò avverrà qualunque sia l’andamento economico -salvo crolli verticali- perché comincia a farsi sentire la diminuzione del numero dei giovani che entrano sul mercato del lavoro, appartenenti a generazioni demograficamente dimezzate, rispetto al numero di coloro che escono. A questo vanno aggiunti alcuni aspetti collaterali, per esempio il fatto che l’ingresso dalla Romania è diventato più facile, perché ora c’è un visto in meno da chiedere, e questo garantisce un afflusso di persone che potenzialmente possono diventare irregolari: entrano, trovano lavoro e si stabilizzano. Quindi questa legge non servirà a frenare l’afflusso, ma solo a diminuire certezze e diritti. Mentre la tendenza precedente, sia pure in maniera ambigua, contraddittoria -perché appunto non si tratta in ogni caso di un problema facile da affrontare- andava nella direzione dell’aumento dei diritti, e quindi allargamento e maggiore garanzia dei ricongiungimenti familiari, creazione di una carta di soggiorno che non andasse rinnovata ad ogni piè sospinto, tutte queste nuove misure tendono a rendere precaria la permanenza dell’immigrato vincolandolo al rapporto di lavoro in atto. Il tutto aggravato dal fatto che il mercato del lavoro in cui oggi entrano materialmente gli immigrati è estremamente precario e flessibile. Oggi non c’è la Volkswagen degli anni ‘60 e ‘70, non ci sono le miniere belghe degli anni ‘50 e ‘60 in cui si moriva ma dove non solo si poteva, ma anzi si doveva, stare lì, si era vincolati alla miniera che ti prendeva in pianta stabile. Adesso si entra soprattutto per periodi brevi, perché ad esempio un lavoro come l’assistenza agli anziani è precario per forza, perché l’anziano muore e quindi il lavoro finisce, poi ci sarà un altro anziano ma intanto bisogna trovarlo; le pulizie sono un lavoro precario, l’edilizia anche, lo stesso indotto della metalmeccanica o della metallurgia o le pulizie industriali, il servizio nel piccolo commercio, per non parlare dell’attività autonoma; sono tutti lavori eminentemente precari. Quindi la mancanza di una garanzia di stabilità si riflette immediatamente sulla condizione umana delle persone. Allora, la legge attuale cosa fa? Colpisce esattamente tutte le possibilità di stabilità, tenta, cioè, di tornare al modello del gastarbeiter: non è la persona, ma il lavoratore in quanto tale che si trasferisce. Però quel modello si associava a contratti di lavoro più stabili di questo.
Ma in che modo cerca di tornarci?
Beh, innanzitutto rendendo più difficili i ricongiungimenti familiari. Questi vengono cancellati per alcuni rapporti di parentela per cui prima erano possibili, resta la possibilità solo in caso di figli minori, di genitori indigenti o se si è figli unici. Attenzione, un genitore potrebbe avere sei figli tutti immigrati in Italia, ma per lui diventerà un problema irrisolvibile ricongiungersi a loro proprio perché non ha un solo figlio, ma ne ha sei. Inoltre il tempo di disoccupazione viene portato da un anno a sei mesi, quindi viene dimezzato. In pratica, dunque, si va realizzando perfettamente la tendenza enunciata in primis da Bossi, cioè il contratto di soggiorno; tu arrivi, lavori, finisci il lavoro e te ne vai.
Tu dici anche che ci sono degli aspetti particolarmente odiosi…
Sì. Per esempio, nella legge passata in prima lettura si prevede che il trattamento di fine rapporto (cioè la liquidazione) dello straniero venga devoluta al Ministero degli Interni, che la verserà su un fondo per le espulsioni, in maniera da far ricadere sugli immigrati il costo delle espulsioni degli altri immigrati. Questo, a dire il vero, era già presente in passato, ma la trattenuta che veniva effettuata su tutti i contratti degli stranieri, e andava ad alimentare il fondo espulsioni, era minore, n ...[continua]

Esegui il login per visualizzare il testo completo.

Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!