Francesco Ciafaloni lavora all’Ires-Cgil di Torino e si occupa in particolare di problemi legati all’immigrazione.

Possiamo fare un po’ il quadro dei flussi immigratori di questi anni?
Lo dico come premessa, ma è un punto fondamentale: fino ad ora, fino all’anno 2000, l’unica politica vera dello Stato italiano è stata quella di consentire l’irregolarità e di regolarizzarla con una cadenza grosso modo quinquennale, per cui la somma delle regolarizzazioni spiega quasi per intero il totale dei presenti. Poi non è proprio così, perché, per esempio, si vanno ad aggiungere i ricongiungimenti famigliari, ma, in pratica, da che esistono le leggi sull’immigrazione fino ad ora, a parte qualche decina di migliaia di colf, nessuno è entrato regolarmente per lavoro in Italia; le regolarizzazioni sono venute sempre dopo.
Rispetto ai flussi, intanto va detto che è un processo che cambia piuttosto rapidamente nel tempo e che continuerà a cambiare altrettanto rapidamente.
All’inizio, parlo degli anni ‘70 e primi anni ‘80, troviamo un certo numero di venditori ambulanti veri (non i mendicanti che per non presentarsi solo con la mano tesa tengono due spugnette e due accendini), ma, soprattutto, persone che come attività principale hanno quella di studiare: sono studenti che sono diventati o stanno per diventare profughi e profughi che, stando in Italia, sono diventati studenti. Per esempio, l’Italia era uno dei posti dove gli iraniani venivano a prendere le lauree in medicina, in ingegneria e in altre discipline tecniche. Alla fine degli anni ’70, quando si consolida la rivoluzione khomeinista (che, all’inizio, a questi giovanotti per lo più di sinistra piace, se non altro perché antiamericana) e cominciano a sapere che una parte dei loro amici stava andando rapidamente sottoterra, si sono trasformati in profughi e, pian piano, si sono variamente stabilizzati, diventando in genere mercanti di tappeti; un mestiere che non sapevano fare prima, ma che hanno imparato per evitare di andare a lucidare pavimenti. Allo stesso modo ci sono stati i profughi della guerra eritrea, ci sono stati i profughi dei conflitti somali, tutte persone con un elevato livello sociale e culturale.
Quindi fino alla metà degli anni ‘80 l’immigrazione è prevalentemente politica. E’ solo allora che comincia ad arrivare una vera immigrazione di lavoro, femminile e maschile, la cui provenienza varia a seconda delle reti, dei contatti della catena migratoria, come viene chiamata: chi arriva prima poi tira gli altri. Ci sono provenienze in cui il capofila è una donna: arriva per prima, lavora e poi ricongiunge i figli e qualche volta il marito; ci sono, invece, altre provenienze in cui è il maschio capofamiglia ad arrivare per primo, e qualche volta, poi, ritorna indietro, qualche volta ricongiunge i figli e la moglie. Le provenienze femminili ormai tradizionali a Torino sono filippine e poi peruviane; sono donne che fanno servizio alla persona, assistenza anziani, lavori domestici e poi cercano anche di utilizzare altre loro competenze che vanno dall’elettronica al ricamo, al cucito o alla ristorazione. Però la rete principale di collocamento è quella per il servizio alla persona.
Poi c’è l’emigrazione da lavoro in senso stretto. A Torino quella di gran lunga prevalente è quella dal Marocco. Questa è un’emigrazione che assomiglia alla seconda grande emigrazione italiana, quella verso l’Europa settentrionale, dopo la seconda guerra mondiale, quando c’erano aree che richiedevano esplicitamente lavoro industriale e lavoro di manovalanza agricola. Tramite accordi fra Stati gli italiani andavano o in miniera o a fare il manovale alla catena di montaggio alla Volkswagen, alla Bmw, ecc., oppure a fare il bracciante agricolo in Svizzera o nella Francia meridionale. Oggi sarebbe lo stesso se non fosse che la grande impresa perde dipendenti e quindi il lavoro un immigrato lo può trovare o nella frantumazione dell’impresa edile, se parliamo di lavori produttivi, oppure nei lavori di servizio alla persona e di servizi altri, diversi, al confine tra il lavoro autonomo e il lavoro dipendente: dal piccolo commercio alla piccola ristorazione, all’artigianato.
Dopo la caduta del Muro, con un certo intervallo, cominciano ad arrivare le ondate dall’Europa orientale, che tuttora sono in pieno sviluppo. Per esempio, a Torino i rumeni sono diventati già la seconda provenienza, con un alto tasso di regolarità, questo va detto. L’arrivo dei rumeni cambia il quad ...[continua]

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