Tommaso Giartosio ha studiato a Roma e a Berkeley. Ha pubblicato Doppio ritratto, Fazi 1998 e, recentemente, Perché non possiamo non dirci. Letteratura, omosessualità, mondo, Feltrinelli 2004. Suoi racconti sono usciti tra l’altro in Men on men. Antologia di racconti gay, Mondadori 2002. E’ stato redattore della rivista “Accattone” e del periodico web “Lo sciacallo” (www.losciacallo.it), e collabora a “Nuovi Argomenti”. È uno dei conduttori del programma Rai - Radio Tre “Fahrenheit”. Insegna in una scuola superiore romana.

Anche in seguito alla norma varata in Spagna che approva il matrimonio tra omosessuali, in Italia si è tornati a parlare di Pacs e unioni civili. A che punto siamo?
Innegabilmente in ritardo. Il governo Zapatero ha approvato l’estensione del matrimonio civile ad alcuni milioni di cittadini adulti e responsabili che ne erano esclusi: una questione di diritti civili elementari. Il dibattito avviato nel nostro paese sulle unioni civili riguarda qualcosa di ben più limitato: se esistessero i Pacs, gay e lesbiche continuerebbero comunque a essere esclusi dal matrimonio. Quello dei Pacs resta però un passaggio importante perché investe l’esigenza di allargamento delle possibili opzioni di unione tra le persone, così rispecchiando la realtà di una società in mutazione.
In quest’ambito una prima considerazione è che se la lotta per le unioni civili fosse stata condotta dai principali interessati in senso numerico, cioè da quell’oltre 90% di conviventi eterosessuali, non saremmo mai arrivati al dibattito in corso; in altre parole, un piccolo gruppo di attivisti omosessuali ha avuto un ruolo propulsivo. E questa mi sembra una cosa bella. Sono certamente dispiaciuto di non vedere una maggiore coralità del mondo eterosessuale nello schierarsi accanto agli omosessuali; un altro esempio è la marcia del Gay Pride, che dopo il 2000 sembra essere divenuta di nuovo un affare privato del movimento gay e non una questione politica che riguarda tutti i cittadini. Ma non si può negare che il dibattito sulle unioni civili sia un esempio di come l’esperienza dell’omosessualità rinnovi in modo fondamentale tanti aspetti della vita civile.
Lo stesso fatto che poi, per una questione forse puramente strategica, questo accada attraverso lo sdoganamento dell’unione eterosessuale, per me è la prova che c’è un fortissimo legame tra eterosessuali e omosessuali nella nostra società. Un continuo processo di nutrimento reciproco, di scambio, che non smentisce affatto gli elementi di contrapposizione e di conflitto. C’è una complicità. Anche nella mia vita quotidiana, io continuo a constatare una coesistenza di discriminazione, anche molto dura, e di abbraccio: o meglio, di bisogno di abbraccio. Potrà suonare bizzarro, però a volte le persone che si comportano in modo più irrispettoso e duro con gli omosessuali, poi sono quelle che mostrano un impeto di sollievo quando trovano un modo, un linguaggio, un gesto, una concessione, un compromesso (sia pure goffo e insufficiente) per accogliere l’omosessuale. Per certi versi questo nasce da un processo di superamento storico dell’omofobia, ma per altri versi è qualcosa che è sempre accaduto: nella nostra cultura l’omosessuale è stato la carta matta, il trasgressivo, il jolly, il buffone o anche (di recente) l’assassino, ma proprio per questo era una carta necessaria, preziosa.
Certo oggi qualcosa è cambiato, e la diversità radicale della condizione gay rispetto alla norma, una diversità preziosa per la norma, nel senso che ti ho detto, ma condannata al silenzio, si va gradualmente trasformando in una mera differenza, una tra mille altre differenze.
Certo, un po’ stupisce vedere sul versante omosessuale quest’accanimento a volere il matrimonio quando questo è in una profonda crisi...
Chiunque si veda negata una possibilità concessa a tutti gli altri evidentemente si sente espropriato di una parte della propria libertà, se non altro, in questo caso, la libertà di scegliere di non sposarsi. E poi il matrimonio rimane la modalità di vita in comune di gran lunga più frequente, scelta da mezzo milione di italiani ogni anno. Prova a negare le nozze, invece che ai gay, a un qualsiasi altro gruppo di entità comparabile, gli abitanti di una qualsiasi grande città italiana, e vedrai che succede!
Si può distinguere tra due motivazioni della rivendicazione, l’una pratica e l’altra simbolica. Per quanto riguarda i problemi pratici, se ne parla spesso in una prospettiva ch ...[continua]

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