Gianfranco Goretti, insegnante, si è occupato di repressione dell’omosessualità in Italia durante il nazifascismo. Tommaso Giartosio è autore tra l’altro di Perché non possiamo non dirci. Letteratura, omosessualità, mondo, Feltrinelli 2004. Recentemente hanno pubblicato La città e l’isola. Omosessuali al confino nell’Italia fascista, Donzelli 2006.

Nel 1939 alcune decine di omosessuali catanesi vennero mandati al confino alle Tremiti. Com’è nata l’idea di raccontare la loro storia?
Gianfranco. Devo dire che l’avvio di questa ricerca risale all’università. L’idea originaria mia e della mia collega Carola Susani era di fare un lavoro sul nazismo, ma al primo viaggio in Olanda siamo stati subito scoraggiati; uno studioso ci ha detto: “Guardate, sul nazismo probabilmente già ci lavorano in tanti, e poi non sapete neanche il tedesco, dove andate? La cosa migliore è fare un lavoro sull’Italia”. All’inizio temevamo di non riuscire a trovare nulla, poi ci siamo imbattuti in alcuni preziosi articoli di Giovanni Dall’Orto sul confino delle persone omosessuali durante il fascismo, con una riflessione sul codice penale, e anche sulla pseudo-scientificità dei criteri per identificare l’omosessualità. Da queste ricerche sono uscite le nostre due tesi di laurea.
Devo dire che già durante la prima fase della stesura della tesi si era quasi imposta l’idea, ma anche il desiderio, di andare a cercare queste persone. Noi infatti ci eravamo trovati a maneggiare dei fascicoli personali, con facce, storie… Tra l’altro, erano gli anni ’87, ’88, quindi queste persone arrestate dovevano avere almeno settant’anni ma comunque era probabile che fossero vive: insomma valeva la pena cercarle…
Il libro è nato così, con l’idea di rovesciare la mia tesi di laurea, che parlava del fascismo e dell’omosessualità dal punto di vista del potere, dell’apparato burocratico-statale, e mettere piuttosto al centro le persone, con la loro rete di relazioni, l’angoscia dell’arresto, fino alla deportazione e al confino. Tutta la parte più strettamente storiografica è stata messa alla fine come appendice. Questa scelta è stata possibile anche grazie all’incontro con due dei protagonisti di quella vicenda, che nel libro chiamo Salvatore e Filippo, e che mi hanno permesso di integrare le fonti scritte con i racconti, con le fonti orali.
Possiamo raccontare i fatti?
Gianfranco. Nel gennaio del ’39, a Catania, quarantacinque persone vengono arrestate e condannate a cinque anni di confino. Nell’ottobre del ’38 sono stati varati i primi provvedimenti per la difesa della razza e, per quanto non ci sia stata alcuna precisa direttiva alle questure sui provvedimenti da prendere in riferimento alle persone omosessuali, si avverte che il clima sta cambiando…
Gli arresti avvengono nel giro di 3-4 mesi, da gennaio ad aprile-maggio del ’39 con una seconda tornata all’inizio del ’40. All’origine della precipitazione degli eventi, oltre al mutato clima, c’è l’arrivo a Catania di un questore particolarmente solerte, Molina, che tra l’altro ad Avellino nel ’36 aveva fatto arrestare un ragazzo che in precedenza era finito nel manicomio criminale di Aversa proprio per omosessualità.
A completare il quadro, c’è un caso di omicidio irrisolto avvenuto a Catania alla fine del ’36 e che riguarda un ragioniere che aveva rapporti con le persone che verranno arrestate. Il questore Molina al suo arrivo trova questo fascicolo aperto con tutte queste storie talvolta scabrose… Comincia così una vera caccia alle streghe. Il documento con cui dà l’avvio alla sua campagna di “pulizia” lascia pochi dubbi sul suo programma. Vi si legge infatti: “La piaga della pederastia in questo capoluogo tende ad aggravarsi e generalizzarsi perché giovani finora insospettati, ora risultano presi da tale forma di degenerazione sessuale In passato molto raramente si notava che un pederasta frequentasse caffè o sale da ballo o andasse in giro per le vie più affollate . Questo dilagare di degenerazione in questa città ha richiamato l’attenzione della locale Questura che è intervenuta a stroncare o, per lo meno, ad arginare tale grave aberrazione sessuale che offende la morale e che è esiziale alla sanità e al miglioramento della razza, ma purtroppo i mezzi adoperati si sono dimostrati insufficienti . Ritengo pertanto indispensabile, nell’interesse del buon costume e della sanità della razza, intervenire con provvedimenti più energici perché il male venga aggredito e cauterizzato nei ...[continua]

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