Sono di centro sinistra, ma ho una maggioranza di centro destra. Civica in ogni caso. La questione della Tav ha giocato poco nella campagna elettorale, perché entrambe le liste nel programma avevano un punto chiaro contro il treno ad alta velocità.
Nella bassa valle, Val Susa e Val Cenischia, siamo 23 sindaci. Poi c’è l’Alta valle, ma non tutti i comuni hanno portato in Consiglio la delibera di marzo di piazza Castello a Torino. Sono 37 i consigli comunali che l’hanno fatto. Con noi ci sono anche i comuni della “gronda”, verso Torino che verrebbero anch’essi danneggiati dalla nuova opera.
Anche gli abitanti sostengono i loro amministratori. Qui ci sono tante persone di montagna, con il carattere dei montanari, schivi, che non stanno tanto in prima fila, ma quando ci sono le manifestazioni importanti sono tutti presenti. Lo si è visto alla marcia del 4 giugno, dove erano 30.000 persone, o alla fiaccolata del 6 novembre: 15.000 persone a una manifestazione organizzata in due giorni. Credo sia qualcosa di raro che non ci si aspettava.
Innanzitutto voglio precisare che non siamo affetti dalla sindrome di Nimby (Not in my backyard, “non nel giardino di casa mia”). La Val di Susa, soprattutto la bassa valle, ha perso da cent’anni la sua vocazione agricola. Questa zona è stata industrializzata, con i cotonifici -basta citare Riva, per far capire di che cosa si parla- e quindi c’è un substrato industriale. C’è un’acciaieria obsoleta, che continua a lavorare e a inquinare. Qui c’è stata molta immigrazione, dal sud, dalla Sardegna, e poi ci sono anche quelli che sono scesi dalle montagne. E la gente si è integrata. Nomi calabresi e accento valsusino. E’ una valle di passaggio, non c’è chiusura. Pensiamo a Bardonecchia che da 3000 abitanti arriva a 30.000 nel periodo di apertura degli impianti di sci.
In valle ci sono due valichi, un’autostrada, una ferrovia internazionale a doppio binario, due statali, alcuni elettrodotti. Di qui passa un terzo di tutte le merci che entrano o escono dall’Italia. Quindi respingiamo l’accusa di localismo, perché non ce la meritiamo. Non vogliamo quest’opera perché non ci sta più. Noi vogliamo continuare a vivere qui con dignità, senza diventare un corridoio di transito. Inoltre, nel progetto che ci è stato presentato, molte sono le criticità che noi solleviamo da quindici anni.
La prima è legata alla salute, la presenza di amianto e uranio nelle rocce della valle. Inoltre ci sono problemi ambientali, mi riferisco al dissesto idrogeologico, al problema della cantierizzazione. Immaginiamoci il paese di Venaus, dove risiedono 900 persone. Arriva un cantiere di centinaia di persone. Il paese raddoppierebbe. Dove le metteranno? Poi c’è lo smarino (materiale scavato dai tunnel, che si prevede sarà di 15 milioni di metri cubi): dove andrà a finire? Noi in valle non lo vogliamo assolutamente a occupare i pascoli di fondovalle.
Nel progetto che ci è arrivato alcuni giorni fa, “In progress”, si prevede un nastro trasportatore che da Susa arriva fino al Moncenisio, 35-40 chilometri di tapis roulant e una teleferica che porterebbe lo smarino a 2000 metri di altezza. Non solo, negli ultimi due anni il precedente sindaco, nonché mio attuale vicesindaco, ha partecipato ai famosi “giovedì del ferroviere”, dove c’erano Regione, Provincia, Ltf e Rfi, che sono le società che hanno vinto gli appalti. Bene, erano state dette delle cose in seguito alle quali alcune opere erano state stralciate. In questo progetto sono tornate: mi riferisco alla finestra di Foresto, all’elettrodotto di Bruzolo, i cui cavi dovevano essere interrati e invece sono di nuovo aerei. Uno, come dire, si sente imbarazzato e anche un po’ preso in giro. I progetti sono arrivati senza spiegazioni e tutte le conquiste ottenute sparite, vanificate. Vale anche oggi uno slogan che risale al 20 giugno (il giorno in cui dovevano iniziare i sondaggi da parte della società incaricata, che si è trovata davanti le famiglie valsusine accampate sui siti dei carotaggi): noi siamo sentiti molto spesso, ma mai ascoltati.
Un sindaco da solo ha poco o nessun potere. Quello che dà forza a questa protesta è l’unità dei sindaci e degli amministratori e la condivisione fra maggioranza e minoranza nei consigli. A Borgone su questa materia abbiamo votato sempre all’unanimità e così è accaduto in molti altri comuni della valle. Stare insieme (cosa non sempre facile, perc ...[continua]
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