Giuseppe Onorato lavora all’Ospedale Ceccarini di Riccione.

Far da interfaccia tra sapere e dolore. Quello era ed è il ruolo del medico. Quello faceva il vecchio medico di famiglia che, come suol dirsi, si sedeva a prendere il caffè nella famiglia facendo allontanare le ansie. Adesso il medico ha a che fare con gente che va in internet e ti dice: “Perché questa mia forma di artrite in Francia la curano così e lei questo farmaco non me lo dà?”, e lo dicono al medico di famiglia ma anche allo specialista. Questo obbliga i medici a un aggiornamento continuo perché si rischia di far brutte figure. L’egemonia culturale di una volta non c’è più e la medicina è cresciuta tanto. Non puoi più bluffare. E’ da vent’anni che ci sono trasmissioni come Tg2 Trentatrè, Luciano Onder, Elisir, e il settantenne che non sa usare internet, la tv la guarda. I miei genitori la mattina dopo mi fanno le domande: “Ma lo sapevi che…”.
Infatti l’aggiornamento è continuo. Con la riforma sanitaria della Bindi, nel ’99, vennero resi obbligatori i crediti formativi, per cui noi ogni anno dobbiamo dimostrare di essere andati in giro ad aggiornarci. Anche il medico di base, che il sabato sarebbe libero, spesso è impegnato in percorsi di aggiornamento organizzati dall’azienda sanitaria. Una volta capitava che ti mandavano quattro giorni a Vienna ad aggiornarti, tu andavi in giro per la città disertando il convegno e poi prescrivevi i farmaci di quella casa farmaceutica. Questo accade tuttora, anche se meno di una volta, perché ci sono più restrizioni, però le aziende, anziché lasciarti andare in giro o pagarti un viaggio, il sabato mattina fanno venire lo specialista in sede per farci dei corsi. Un sabato ti vale tre o quattro crediti. Prima dovevi accumulare 10 crediti all’anno adesso 40, il che significa che ogni anno devi aver frequentato un tot di corsi, con tanto di questionario finale da sottoporre a verifica. Questo è sicuramente buono, anche perché così l’informazione al medico non la dà la casa farmaceutica che può essere interessata, ma uno specialista pagato dall’azienda.

Dobbiamo aggiornarci, perché i progressi scientifici sono enormi, ma una delle vecchie usanze che non bisogna abbandonare è il contatto fisico. Di fronte a una colica addominale si deve cominciare dalla visita. Va bene l’aggiornamento, van bene gli esami strumentali, però vien sempre prima il buon uso delle mani. Quanti si lamentano con noi in ospedale: “Il mio medico sono cinque anni che non mi tocca”. La gente vuole essere toccata. Io lo faccio normalmente perché in ospedale sono tutti quanti in pigiama, ma quando fai ambulatorio e hai trenta persone in sala d’attesa, fai la ricetta, fai la richiesta dell’esame specialistico e ti liberi in fretta.

Sì, io faccio l’internista, lavoro in un reparto di medicina generale, quindi sono obbligato a sapere un po’ di tutto, però poi ho una competenza mia specifica, in gastroenterologia, dove devo sapere il massimo, perché il mio ospedale non sia da meno degli altri ospedali della regione… Dobbiamo evitare il più possibile l’export tra aziende della regione (adesso non si chiamano più unità sanitarie locali, ma aziende sanitarie) o addirittura fuori regione. Questo è un problema nazionale. Considera che da Roma in giù siamo al medioevo come strutture sanitarie. Avrete sentito negli ultimi mesi dei vari episodi accaduti in Sicilia di morti evitabili. Ma cosa ci si aspetta se la più vicina rianimazione è a 200 km o addirittura in un’altra regione, se deve arrivare un elicottero a prendere un bambino in crisi asfittica e c’è brutto tempo e l’elicottero non parte… Noi abbiamo reparti di rianimazione a Pesaro, Riccione, Rimini, San Marino, una neurorianimazione a Cesena, collocata centralmente, fra Ravenna a nord e Rimini a sud, perché tutti i traumi della strada, soprattutto d’estate, devono avere un punto di riferimento regionale in Romagna. Pensiamo poi che con la devolution c’era il rischio (la finanziaria poi ha bloccato quella norma) che ti potessi curare soltanto nella tua regione di appartenenza… Perché a quel punto, se io pago le tasse alla Regione Puglia, poi mi tengo i servizi della Puglia e se voglio curarmi fuori devo pagare. Questo è un problema nazionale grave e sentito, e che si ripercuote soprattutto sulla popolazione del sud.

D’altra parte la sanità costa sempre di più, perché la tecnologia costa. Una volta l’intervento sulla carotide lo facevi fino a settant’anni, adesso lo fai anch ...[continua]

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