Riccardo Bortolaso, 39 anni, sposato, due figli, è titolare della Fti, un’azienda che nasce nel campo della progettazione e commercializzazione di strutture e accessori per il sollevamento industriale, con una divisione dedicata alla progettazione e costruzione di impianti di alimentazione, frantumazione e selezione di materiali inerti, chiarificazione delle acque di processo e disidratazione fanghi, con sede a Carmignano di Brenta, Padova.

Qual è stato il tuo percorso lavorativo?
Dopo essermi diplomato come perito meccanico all’Itis Rossi di Vicenza, mi sono laureato all’Università di Padova, in ingegneria meccanica, nel ’94.
La mia prima attività lavorativa è stata presso la Omis di Sandrigo, che è un’azienda che costruisce gru a ponte, quelle che vengono normalmente utilizzate all’interno di capannoni industriali. Era un posto che frequentavo già ai tempi delle scuole superiori, d’estate, quando per tre mesi ci andavo a lavorare, un po’ per imparare qualcosa, un po’ per prendere qualche soldino. Avevo fatto lì anche la mia tesi, tant’è che tre giorni dopo la laurea ero di nuovo lì a lavorare.
Essendomi laureato prima del compimento dei 25 anni di età, ho potuto usufruire della possibilità di saltare il militare e fare un anno all’estero, nel mio caso in Inghilterra, dove ho fatto un’esperienza sempre nel settore delle gru a ponte, come progettista, in un’azienda di Birmingham.
Sono rientrato in Omis nel ’96 e ci sono stato per due anni. L’esperienza inglese mi aveva molto cambiato, così, dopo questi due anni, ho deciso di intraprendere una strada diversa e sono finito a Hong Kong per altri due anni per conto di un gruppo di imprenditori di Bassano che, tramite un conoscente in loco, volevano intraprendere un’attività di importazione di prodotti di vario genere. Insomma mi sono lanciato in quest’avventura!
Sono tornato in Italia a fine ’99, per ragioni sia personali (avevo conosciuto la mia attuale moglie) sia lavorative, nel senso che l’attività si stava spostando verso campi assai lontani dal mio specifico, che è quello della tecnologia, a favore di beni di largo consumo. A quel punto ho lasciato e siamo partiti.
Rientrato in Italia, dopo un paio di mesi di ricerca sono finito a Verona a lavorare per un’azienda che costruisce impianti di trattamento acque industriali. Mi dilungo su questi dettagli perché poi tutto torna.
Sono rimasto in questa azienda fino al 2005. Ci sono entrato come libero professionista, commerciale estero, ed è stata un’esperienza che mi ha dato la possibilità di viaggiare molto, ho fatto tutto il Nord Africa, la fascia del Maghreb, il Medio Oriente, gli stati arabi, Egitto, Arabia Saudita, sono stato in Iran, in Nord Europa, ho fatto anche un po’ di Nord America, e poi Taiwan, Cina, Singapore...
Si trattava di andare a proporre questi impianti di trattamento acque rivolti soprattutto al settore marmo, ceramica, materiali refrattari, dove viene utilizzata l’acqua che poi va appunto depurata.
E’ stata un’esperienza forte, perché nonostante facessi parte di un’azienda, ero praticamente indipendente, ne ho dovuto fare di strada per arrivare a una condizione lavorativa decente. Sono stati anche anni molto difficili.
L’azienda che hai creato è un po’ un compendio di tutto quello che hai fatto e imparato durante il tuo percorso. Com’è nata?
Ho iniziato a pensarci nel 2002-2003. L’idea era appunto di mettere insieme le mie esperienze passate e le competenze che avevo acquisito. Devo dire che ero sempre rimasto in contatto con alcuni colleghi della Omis, che poi sarebbero diventati miei soci all’interno di questa azienda, rimanendo però legati alla Omis. Con loro abbiamo deciso, viste le esigenze del mercato, di costruire dei prodotti che fossero complementari a quelli delle vendite della Omis, cioè non la gru a ponte, ma i suoi accessori, per così dire. Così oggi la Fti costruisce le varie attrezzature che vanno messe sotto il carro ponte: traverse di sollevamento, ganci, ventose, pinze, morsetti, staffe, forche, ecc.
Ecco, tutti questi accessori, li progettiamo e li facciamo costruire da terzisti, non facciamo niente noi, all’interno, tranne qualche piccolo assemblaggio.
L’azienda è partita nel 2003, all’inizio con dei prodotti molto semplici, anche per questioni di budget, per poi passare a cose sempre più complesse.
Inaspettatamente nel 2006, il titolare della Omis mi ha proposto di dar loro una mano a sviluppare il mercato estero, ambito nel quale erano a ...[continua]

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