Il successo di Obama viene spesso attribuito alla sua grande capacità oratoria, al suo carisma personale e all’uso sistematico di internet in associazione alla mobilitazione a livello di comunità locali (i "campi Obama” che fin dall’inizio delle primarie hanno formato migliaia di giovani volontari La mia idea è che le ragioni del successo di Obama ( non solo cosa i giovani hanno visto in lui, ma cosa lui ha visto nella società americana degli anni ’90 che l’ha indotto a credere di potercela fare), si capiscono meglio esplorando i principali campi di esperienza che stanno alla base della sua formazione umana e politica. Obama era un outsider, un politico assolutamente atipico, anche umanamente era sempre stato un pesce fuor d’acqua e a un certo punto a metà degli anni ’90 si convince (come racconta ridendo ma dicendo sul serio, suo cognato, il fratello di Michelle) che può diventare presidente degli Stati Uniti. Con linguaggio sociologico (Robert Merton) potremmo dire che lui stesso e i suoi interlocutori scoprono che le caratteristiche che facevano di lui un inadatto, sono invece la risposta adatta alla trasformazione di contesto in atto. Se ci limitiamo a nominare Internet, le doti oratorie, la crisi finanziaria ed economica e (importantissimo) un sistema politico che tramite le primarie consente l’emergere di outsider veri, trascuriamo l’essenziale. Obama porta prepotentemente alla ribalta un modo di stare al mondo prima ancora che un modo di fare politica. Secondo me quella che lui propone è un’etica per il XXI secolo, ed è questa la ragione della sua forza morale e del suo fascino.
Potresti definire cos’è un "campo di esperienza” e quali ti sembrano essenziali per capire Obama e il nuovo tipo di leadership del XXI secolo che egli ha portato alla ribalta ?
Per "campi di esperienza” intendo gli ambienti sociali e culturali che danno l’imprinting alla formazione di ognuno di noi. Attraverso quali esperienze e in quali ambienti si forma un cittadino, un politico, un educatore, un imprenditore, un genitore, e così via. La biografia di Barak Obama è profondamente segnata da (almeno) tre campi di esperienza che si succedono nel tempo in un processo di formazione cumulativa, nel senso che ogni campo seguente è potenziato dai precedenti e a sua volta li potenzia grandemente. Il primo campo, in ordine di tempo e anche di importanza, connota lo "stare al mondo di Barak” e si riferisce alla formazione radicalmente interculturale ricevuta in famiglia, il secondo è l’esperienza di "organizzatore di comunità” svolta a tempo pieno per tre anni a Chicago, dal 1985 al 1988 dopo il College alla Columbia. E il terzo è la "Facoltà di Legge di Harvard” con al centro la elezione di Barak Obama a presidente della Harvard Law Review e quello che un fatto del genere (specialmente per le modalità in cui è avvenuto) suggerisce sui rapporti fra l’essere diverso di Obama e la sua capacità di risposta ai nuovi problemi della convivenza anche sul piano del dialogo fra ricerca scientifica e società.
Cominciamo dallo "stare al mondo”...
Per una persona come me che da anni si occupa di arte di ascoltare e gestione creativa dei conflitti, Obama è un soggetto di studio preziosissimo perché in lui la capacità di trasformare i dissensi e i conflitti in occasioni di apprendimento e creazione di nuovi terreni comuni è organica, è la sua identità più profonda.
E’ un sapere sul quale si è esercitato da quando è nato, grazie a sua madre principalmente, e che affonda le sue radici su una concezione radicalmente interculturale della conoscenza e della comunicazione. Ai miei allievi del Master per Mediatori dei Conflitti e Operatori di Pace Internazionali di Bolzano ho distribuito il testo integrale del discorso di Obama al Cairo sui rapporti fra Usa e paesi prevalentemente musulmani chiedendo di sottolineare tutti i passaggi nei quali impiega le dinamiche tipiche dell’ascolto attivo e gestione alternativa dei conflitti. Praticamente non c’era una frase, un’affermazione esente da questa impostazione!
Potresti esempli ...[continua]
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