Ilaria. Questo colloquio nasce dallo stupore nell’apprendere dai giornali italiani della vicenda dello stadio di Roma e della maniera in cui si è proceduto. Vivendo in Francia e lavorando in un’istituzione, la Commissione nazionale del dibattito pubblico (Cndp), che gestisce la partecipazione dei cittadini alle decisioni che riguardano grandi progetti di infrastrutture, mi è venuto naturale interrogarmi sul modo in cui (non) sono stati presi in considerazione i cittadini e i diversi portatori di interesse in un progetto così importante per una città capitale.
Il caso di Roma mi è apparso tanto più strano se si considerano le analogie che presenta con un progetto simile sul quale la Commissione ha lavorato. Infatti, negli stessi anni (2013-14) due grandi istituzioni sportive, l’Associazione sportiva Roma Spa (As Roma) in Italia e la Federazione Francese di Rugby (Ffr) in Francia, hanno deciso di perseguire la costruzione di un proprio "grande stadio” in linea con le esigenze sportive più moderne. Il primo di 60.000 posti, il secondo di 80.000, finanziati entrambi totalmente con fondi privati, comprese gran parte delle opere di adeguamento del sistema dei trasporti e di urbanizzazione e "riqualificazione” dei territori e quartieri circostanti. In entrambi i casi si è finito col scegliere come localizzazione dello stadio la zona di un ex ippodromo, una nel dipartimento di Essonne, a 33 km a sud dal centro di Parigi, e l’altra nel quartiere Tor di Valle, a sud-ovest della città, tra il Grande raccordo anulare (Gra) e l’autostrada per l’aeroporto internazionale di Fiumicino. Quindi due importantissime "grandi opere” che avendo preso il via alla fine del 2013 - inizio del 2014 con la presentazione dei rispettivi piani di fattibilità alle autorità politiche locali e nazionali, hanno poi seguito percorsi di deliberazione e di partecipazione completamente diversi.
Marianella. La prima cosa che mi sorprende favorevolmente, leggendo i documenti illustrativi dei vari passaggi del procedimento di Dibattito Pubblico (Dp) relativo allo stadio del rugby è che sono redatti in linguaggio corrente supportato da foto, disegni, mappe tridimensionali, tabelle; in breve tutto ciò che serve per rendere più accessibile una tematica decisamente complessa. Questo richiede una specifica professionalità, una capacità comunicativa non comune, ad hoc. Da dove viene? Com’è stata coltivata?
Ilaria. Nel caso dello stadio del Rugby, come in tutti i casi nei quali la Commissione indice un Dibattito pubblico, l’incarico di organizzare nel dettaglio tutta la procedura, compresi i resoconti degli incontri e gli esiti finali, è stato assegnato a una particolare commissione, chiamata Cpdp, Commissione Particolare del Dibattito pubblico. In questo caso la commissione era formata da sette persone: un presidente, tre donne e tre uomini, tutti esponenti della società civile. Nello specifico si trattava di una giornalista, un prefetto onorario, una direttrice di agenzia a sostegno della imprenditorialità, un membro del Comitato Nazionale del Dibattito Pubblico (Cndp), un vice presidente del Cndp, un esperto in agricoltura e politiche locali, un consulente nel campo della mediazione e concertazione. La Cpdp non ha il diritto di redigere nulla riguardo al progetto. La particolarità consiste nel fatto che il Dossier di presentazione del progetto (chiamato Dmo) è redatto dal proponente, ma è la Cpdp prima, e poi la Cndp in seduta plenaria, che devono approvarlo se lo ritengono sufficientemente chiaro, e se il progetto è presentato in maniera accessibile, intelligibile e completa. Questo significa che concretamente si fa un lavoro in concerto col proponente affinché rediga un buon documento. Il Dp risponde a una logica precisa: aprire ai cittadini ogni aspetto del progetto e discuterne attraverso un metodo che è stato elaborato e che è gestito da un ter ...[continua]
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