Vincenzo Balzani, professore di Chimica all’Università di Bologna, si occupa di fotochimica supramolecolare, nanotecnologia e fotosintesi artificiale. Sul problema dell’energia ha pubblicato, insieme a Nicola Armaroli, Energia per l’astronave Terra, 2008, Zanichelli.

Partiamo con il Giappone...
Cosa possiamo dire sul Giappone? Che se un incidente di tale gravità capita in un paese di grande competenza tecnica e disciplinare, non si può mai avere la certezza sulla sicurezza delle centrali nucleari. Un’altra cosa che colpisce è che nessuno riesce a capire cosa stia succedendo. Ovviamente perché quando capita un incidente nucleare è molto difficile andare a vedere da vicino. Ma vengono dette anche delle grandi bugie. Succede normalmente. La giapponese Tepco (Tokyo Electric Power Company) già nel 2002 era stata costretta a fermare momentaneamente 5-6 suoi reattori perché le autorità sulla sicurezza si erano accorte che aveva dichiarato il falso per far andare le centrali più velocemente.
Fatto sta che in caso di incidente nucleare una comunicazione trasparente è pressoché impossibile, un po’ per le difficoltà oggettive, un po’ perché a volte è bene minimizzare per non creare nell’opinione pubblica troppo panico, ma direi anche perché di mezzo ci sono tanti interessi, tanti soldi da fare.
I nuclearisti dicono che siamo di fronte a un evento -un terremoto così violento- che capita una volta ogni millennio...
Eh, capita quando capita. Chi è che si aspettava che succedesse, dopo Chernobyl, un altro disastro in qualche modo paragonabile? Come si fa ad escludere che possa avvenire? Ora in Europa stanno facendo verifiche su verifiche...
Ma quando si fanno tutte queste verifiche cosa succede? Che vanno aggiunti sistemi di sicurezza, quindi aumentano i costi. Insomma, con il nucleare non si può essere mai sicuri al 100%, e più si vuole essere tranquilli, più si deve spendere. Il nucleare è una bestia difficile da controllare e prevedere. Pensiamo alle scorie, il problema forse più grave e insolubile. Chi mi garantisce che quello che io interro sarà sicuro per centomila anni? Poi c’è il fattore psicologico: non si sa mai dove arrivano le radiazioni, dove le porta il vento o la corrente del mare.
Anche questo, però, è un argomento dei nuclearisti: siamo circondati da centrali, tira il vento e...
Sì, si minimizza anche sulle distanze. "Abbiamo le centrali al di là delle Alpi, tanto vale che si facciano anche da noi”. Ce ne sono in Francia, Slovacchia e Svizzera. Ma, come abbiamo visto per il Giappone, la zona di pericolo aveva un raggio inizialmente di 20 km, poi si è passati a 40. Ma chi era a 100 chilometri se l’è vista meglio. Quindi al di là delle Alpi è meglio che al di qua. Non si può prevedere nulla con il nucleare.
Lei parlava anche del problema del Mox...
Eh, questa è un’ulteriore complicazione del Giappone. Nel famoso reattore 3 c’era anche del Mox, che sta per Mixed oxide fuel, una miscela di uranio e plutonio. Il plutonio è la sostanza più pericolosa che c’è al mondo: un milionesimo di grammo è la dose letale per una persona. E quando esce dal reattore, a differenza dello iodio radioattivo e del cesio, non si sa dove va a finire.
Il Mox viene usato particolarmente in Francia e si fa riciclando il combustile esausto: per risparmiare uranio riciclano quello che esce come scoria e fanno questi ossidi misti, con i quali possono alimentare ancora i reattori, ma che sono ancora più pericolosi di prima.
Poi c’è la questione delle scorie...
Queste sono un problemaccio, perché una cosa radioattiva è pericolosa, no? Pensiamo solo che alcune di queste scorie restano radioattive per centomila anni. Uno, appunto, strabuzza gli occhi perché dice: "Ma come, io penso a Gesù Cristo 2.000 anni fa e già mi sembra così lontano, e devo pensare a centomila anni nel futuro. Devo tenere questa roba che produco in un deposito permanente e sicuro per centomila anni. Non ha mica senso!”. Infatti non ha senso. Il problema poi diventa: dove le mettiamo? C’è chi dice: "Le spariamo nello spazio!”. Mah, ci tornano in testa. Sotto al mare? Ci tornano indietro. Allora gli scienziati hanno proposto di metterle sotto terra, in caverne, che si devono trovare in posti al sicuro da terremoti, inondazioni... vanno messe lì e sorvegliate per 100.000 anni. Ebbene, a tutt’oggi nessun paese del mondo, neppure gli Stati Uniti che pure hanno territori immensi e sono i più avanzati tecnologicamente, sono riusciti a fare un de ...[continua]

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