Mauro Bonaretti, presidente Andigel (Associazione Nazionale Dirigenti Generali Enti Locali), è Direttore generale del Comune di Reggio Emilia.

Possiamo intanto spiegare cosa fa il direttore generale di un Comune?
Il direttore generale è una figura relativamente recente, viene definita istituzionalmente all’interno delle riforme del Ministro per la Funzione Pubblica Bassanini nella metà degli anni Novanta. Il compito teoricamente assegnato a questa nuova professionalità era principalmente di coordinamento degli altri dirigenti. Quindi veniva introdotta una funzione (e quindi una visione dell’organizzazione) più di carattere manageriale, tesa a garantire un funzionamento più snello della macchina burocratica e una maggiore efficacia ed efficienza dell’amministrazione.
Nella mia esperienza di direttore generale, per come lo sto interpretando io, esiste sicuramente questo aspetto di responsabilità del buon funzionamento dell’organizzazione, dei meccanismi di coordinamento, del controllo direzionale, dell’impostare in maniera efficiente l’organizzazione dell’amministrazione. Si affianca però anche un’altra importante funzione rivolta all’esterno, che definirei di coordinamento dell’azione strategica dei dirigenti. I dirigenti nella loro azione non hanno solamente una componente gestionale in senso stretto. Più chiaramente, non si tratta esclusivamente di rispondere al bisogno di migliorare l’efficienza nell’uso del personale all’anagrafe piuttosto che nei servizi sociali o nei servizi educativi. I dirigenti sempre più sono chiamati anche a dare un contributo strategico al funzionamento dell’amministrazione in termini di idee, proposte, supporto all’elaborazione delle politiche.
Questo aspetto è molto impegnativo, perché i progetti di sviluppo del territorio richiedono un coordinamento di diverse personalità. Questo per dire che il direttore non si occupa solo di efficientamento dei processi routinari di produzione dei servizi, ma anche di coordinamento dei grandi progetti strategici.
Io sono convinto che la capacità e la competenza di far interagire tra loro soggetti plurimi, privato, associazionismo, volontariato, in prospettiva saranno le qualità che verranno maggiormente richieste al direttore generale perché l’amministrazione sarà sempre meno un produttore diretto di beni e di servizi e sempre più un aggregatore di sussidiarietà che cresce dal basso. Aumentando la complessità dei problemi e riducendosi le risorse è chiaro che l’amministrazione si sta ripensando in chiave di governance. Quindi cambia anche la natura dei ruoli della dirigenza e di conseguenza anche del direttore generale.
Allora, per concludere, quando è stato introdotto, la funzione principale del direttore generale era di raccordo di processi di produzione di beni e servizi interni, qualcosa di simile a un direttore della produzione, oggi diventa sempre di più un direttore di marketing strategico del territorio.
All’origine di questa svolta non c’è solo la carenza di risorse, ma anche un’idea diversa dell’amministrazione locale...
Questo trend che ho descritto è comune a tante amministrazioni e penso sia inevitabile per tre ragioni. La prima è una ragione legata alle risorse: poiché appunto le risorse sono fortemente diminuite, o si valorizzano quelle del territorio o non si riescono a realizzare attività e progetti. Una seconda regione è più di valore: l’amministrazione che vede nel cittadino un cliente e che si vede esclusivamente come erogatore di servizi è un soggetto perdente. Oggi il cittadino sicuramente non è più suddito, ma neanche semplicemente cliente; anche sul piano teorico sta emergendo l’idea di un rapporto paritario, dove la relazione è biunivoca: al cittadino devono essere garantite le opportunità dell’esercizio dei suoi diritti, ma contemporaneamente viene richiesto un protagonismo e una partecipazione attiva alla vita collettiva. E qui si arriva alla terza ragione, più strategica, che risponde a una sorta di domanda sociale: le persone oggi non ci stanno ad avere un ruolo passivo, vogliono essere protagoniste, come è giusto, ma questo comporta un ripensamento radicale dell’amministrazione. Sono queste le ragioni che ci impongono di cambiare, una più di carattere ideale, una più di carattere pragmatico e una terza di pressione dal basso di soggetti che vogliono esercitare un protagonismo.
Diceva che il direttore generale era anche il tentativo di introdurre una figura manageriale nell’amministrazione ...[continua]

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