Nelle ultime settimane la cronaca ha riportato alla ribalta il problema della violenza sulle donne. Tu sei restia a parlarne in pubblico e comunque non lo ritieni un tema politico, puoi spiegare?
Il discorso prevalente rischia di dare alle donne un’identità di vittima, assieme all’illusione che questa posizione di fragilità possa essere una porta d’entrata verso una cittadinanza completa, mentre io non lo credo affatto. Mi spiego. C’è una disperazione a riconoscere tutti questi fatti che succedono, ma alla fine c’è anche un piacere, nel senso che è qualche cosa che paradossalmente conferma l’esistenza femminile. Ecco, questa è una pura illusione perché l’identità della vittima non è la porta d’accesso a nessun tipo di cittadinanza. L’identità della vittima può suscitare soltanto la compassione. Una vittima resta sempre una vittima agli occhi di tutti. Ora molti aiuti economici sono stati tagliati, per cui molte case di accoglienza sono sull’orlo della chiusura e questo è gravissimo, però è emblematico che i pochi fondi stanziati su questo problema siano stati incanalati soprattutto verso le case di accoglienza, cioè "a vittima fatta”. Non è stato assolutamente curato né pensato nulla che riguardasse la prevenzione. Quando io dico che non è un tema politico e che è un tema culturale, cioè molto più profondo, intendo questo. In un certo senso, lo Stato che mette a disposizione questi fondi, da una parte, si sente a posto con la coscienza, dall’altra perversamente conferma un ruolo della donna assolutamente sottomesso. Questo per me è il quadro del problema della violenza.
Dire che la questione è culturale significa che bisogna agire, mettere dei fondi, delle idee, del pensiero su questo problema che, ripeto, è gravissimo. Ma dove si deve intervenire? Io faccio sempre un esempio: se prendi un’antologia della letteratura italiana, ti accorgerai che ci sono due o tre donne dentro quel testo scolastico. Quindi tu fornisci a dei giovani un’immagine di mondo completamente maschile, con qualche eccezione, con qualche voce rara. E questo orizzonte lo consegni ai ragazzi dicendogli che praticamente il mondo è loro, e lo consegni alle ragazze dicendo che loro sono un’eccezione alla regola. Questo avviene oggi nei licei nel nostro paese. Ecco, questo deve cambiare perché le donne non è che non ci fossero, sono state cancellate. Ci sono state le donne del Settecento che tenevano le corrispondenze con i più grandi intellettuali del momento, ci sono state...
Ti faccio un esempio assurdo. Nell’ultimo concorso per gli insegnanti, hanno dato un elenco di temi su cui i candidati si dovevano preparare. In letteratura italiana c’era una sola donna, Elsa Morante. Poi si dice che le donne devono andare avanti con i meriti. Ma non è vero: neanche quelli bastano perché noi abbiamo un premio Nobel e nemmeno quello c’hanno messo! Questo si perpetua ed è questo che si deve spezzare.
Allora, se davvero si vuole fare qualcosa contro la violenza, si deve cominciare intanto dalla scuola, che è molto importante, e poi fare delle campagne di prevenzione.
Assieme all’onorevole Concia e a Eliana Frosali, creative director della Saatchi&Saatchi, tre anni fa abbiamo fatto una campagna di prevenzione prima per un mese su "L’Unità” a tutta pagina e poi sul "Il Secolo”, dove si diceva, ad esempio: "Hai un solo modo per cambiare un fidanzato violento. Cambiare fidanzato”. Questi sono i messaggi. Alle ragazze noi dobbiamo innanzitutto insegnare a riconoscere la violenza. Ma d’altra parte l’antologia su cui studiano è già violenza, perché non si può crescere senza avere delle figure di riferimento e le figure di riferimento per le ragazze devono essere femminili, non soltanto maschili. E anche per i ragazzi devono essere maschili, ma anche femminili.
Tra l’altro in questi anni ci sono stati tutti questi studi universitari in giro per il mondo che hanno tirato fuori donne da tutte le parti, scrittrici, scienziate, ecc. Purtroppo, ciononostante e nonostante le battaglie del femminismo la scuola è rimasta un compartimento stagno, non è passato nulla. E la cosa incredibile è che a insegnare tutto questo sono le donne!
Tieni conto che il femminismo, essendo un movimento, era fortemente anti istituzionale e quindi non si poteva confrontare con i programmi ministeriali, eccetera. Adesso che invece viene avanti un femminismo con un’ide ...[continua]
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