Quando hai iniziato a interessarti del Kenya?
Dopo aver seguito molti corsi di Storia Europea all’università, ho sviluppato un grande interesse per l’imperialismo britannico in Africa. E quando è arrivato il momento di scrivere la mia tesi di laurea, avendo anche frequentato molti corsi di letteratura e teoria femminista, ho pensato a un progetto sulle donne colone nel Kenya, molte delle quali sono state memorialiste. Potevo così utilizzare quelle memorie come fonti e coltivare allo stesso tempo il mio interesse per l’imperialismo, la letteratura post-coloniale e la teoria femminista. Ero rimasta affascinata dal Kenya e da quanto profondamente fosse cambiato il Paese in meno di settant’anni anni. Volevo saperne di più dalla prospettiva africana, così ci sono andata tante volte e ho anche vissuto a Nairobi per circa un anno.
Quali archivi hai frequentato in Kenya?
Ho utilizzato principalmente gli Archivi Nazionali del Kenya, che contengono una meravigliosa collezione risalente all’inizio del XX secolo, dunque ai primordi dell’era coloniale britannica, fino all’indipendenza del Paese nei primi anni sessanta. C’è molto materiale a cui attingere anche negli archivi dell’Università di Nairobi. E non mancano collezioni private presso biblioteche più piccole della città. Ma ho svolto molte ricerche anche nel Regno Unito.
Come sei arrivata a interessarti della stregoneria e perché?
È successo un po’ per caso. Ero ancora impegnata per il mio dottorato di ricerca ed ero interessata alla politica keniota negli anni Trenta. Stavo leggendo alcune interrogazioni parlamentari alla Camera dei Comuni del Parlamento britannico. In una di queste, un deputato laburista chiedeva al Segretario di Stato per le colonie: “Cosa pensa di fare dei sessanta uomini Kamba che sono stati condannati a morte in Kenya per aver ucciso una strega? In fondo hanno fatto solo ciò che pensavano fosse giusto nella loro società e ora sono condannati in base alla giustizia britannica”. Poiché avevo dimestichezza con l’anno in questione e conoscevo la tribù di riferimento, sapevo che potevano provenire solo da uno di due distretti in Kenya. Mi recai così presso un’università vicina e trovai il rapporto dei commissari distrettuali su questo caso.
Questa biblioteca conservava poi su microfilm anche molti dei principali quotidiani del Kenya usciti durante il periodo coloniale. Quindi riuscii a recuperare tutti i resoconti della stampa su questo caso giudiziario. Questo mi bastò per ottenere finanziamenti supplementari dall’Università del Michigan per svolgere ulteriori ricerche.
Puoi dirmi qualcosa di più su questo caso?
In un piccolo villaggio nel distretto di Michagos in Kenya, a sud-est di Nairobi, sessanta uomini, guidati da un certo Kumwaka, assassinarono la loro vicina, Waiiki, perché credevano fosse una strega. Pensavano che avesse fatto un sortilegio alla moglie di Kumwaka per farla ammalare e renderla muta.
Lei giurò di essere innocente, però cercò di scappare, così gli uomini la inseguirono e la percossero con piccoli bastoni fino a ucciderla. Quando furono condotti davanti alla Corte Suprema del Kenya per essere giudicati, si difesero dicendo di essersi semplicemente attenuti a una vecchia forma di giustizia locale chiamata kinyore, che veniva praticata contro le streghe recidive, ossia quelle che non volevano togliere il maleficio. I giudici britannici non potevano accettare questa giustificazione: lo stato coloniale britannico era interessato alla violenza contro la stregoneria solo in quanto l’uccisione delle streghe accusate attentava al monopolio della violenza giuridica, così dichiarò di essere l’unica autorità ad avere il diritto di usare la violenza nel dirimere questioni criminali. Gli uomini furono condannati a morte perché l’omicidio era considerato automaticamente un reato con pena capitale. Loro fecero appello all’Alta Corte d'Appello per l’Africa orientale, che aveva giurisdizione sulla corrispondente area geografica coloniale britannica. Ma i giudici non erano disposti a derogare in nessun modo a favore di leggi e consuetudini locali in materia penale. Erano però disposti a comprendere come le credenze e le pratiche loca ...[continua]
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