Come valuta il risultato elettorale in Ucraina?
La vittoria delle elezioni al primo turno è una grande vittoria dell’Ucraina europea. Nel dramma che sta vivendo l’Ucraina, anche il fatto che le regioni di Donec’k e di Luhans’k siano riuscite, nonostante tutto, a votare è già un passo in avanti per la rigenerazione di quest’area. Questo significa che la società ucraina non corrisponde al ritratto che ne fa Putin, ed è più complessa anche rispetto a quello che pensa l’Occidente. Sul piano pratico è la vittoria di Porošenko, il nuovo Presidente, persona molto pragmatica che proviene da quella categoria di imprenditori che ragiona sull’Europa come unica prospettiva dell’Ucraina. Il momento, però, resta di grandissima drammaticità. Putin è venuto allo scoperto con la sua idea di distruggere l’Ucraina come Stato nato dallo sfaldamento dell’Urss. Ma sono tanti i fattori da prendere in considerazione, dallo sguardo geopolitico della Russia sul mondo alla tradizione culturale dell’Ucraina.
Oggi possiamo parlare dell’Ucraina come di una realtà culturale europea per via dell’influenza storica della Polonia e della specificità di un modello ortodosso aperto all’Europa.
Già all’epoca della Rivoluzione arancione, il Paese si è spaccato non tra "ucrainofoni” e "russofoni”, ma tra Ucraina europea e Ucraina sovietica (o per meglio dire russo-sovietica, euroasiatica). L’Ucraina europea considera l’integrazione come un "ritorno” all’Europa; è una realtà dinamica che sta recuperando il suo passato e costruendo il suo futuro. La parte sovietica, invece, è totalmente incancrenita, inamovibile, e non avendo possibilità di svilupparsi guarda indietro, cancellando il futuro, sottraendolo così anche all’altra Ucraina. È in atto uno scontro fra queste due Ucraine, scontro preparato da più fattori.
Il fattore russo è veramente minaccioso; in questo ultimo periodo Mosca è andata consolidando un modello post-sovietico della peggior specie e punta a realizzare due progetti tra loro incompatibili: da un lato, vuole realizzare il Russkij mir, il "mondo russo”, un continuum ortodosso senza confini al suo interno; dall’altro, una Russia euroasiatica, che teoricamente dovrebbe comprendere Europa e Asia nella lotta al cosiddetto triangolo euro-atlantico, cioè Inghilterra, America e Canada. Di più, se il concetto euroasiatico, perlomeno quello formulato negli anni Venti del Novecento da illustri studiosi, aveva una sua valenza, quello contemporaneo è terribilmente primitivo; la carenza di strumenti intellettuali viene sostituita da una accozzaglia di teorie che potremmo definire sostanzialmente neonaziste. L’ideologo di questa Russia euroasiatica è Aleksandr Dugin, sedicente geopolitico formatosi nelle cerchie neonaziste della Mosca degli anni Ottanta. Lui definisce la Russia come realizzazione di una "triade dialettica”: "la Terza Roma, il Terzo Reich e la Terza Internazionale”. Una bella sintesi, insomma, di ortodossia, nazismo e comunismo.
Visto in questi termini, il progetto della ricostruzione della Russia come impero ha del paranoico. Come si fa a mettere insieme un progetto neobizantino (mondo russo) con quello neomongolo (mondo eurasiatico), se storicamente il secondo ha distrutto il primo? Come si costruisce una Russia euroasiatica in una realtà dove si registrano continue aggressioni razziste? Nella metropolitana di Mosca ora si fanno i "giorni dei vagoni bianchi”: estremisti russi incappucciati attaccano caucasici e asiatici, li mettono in ginocchio, li picchiano... Ci sono anche veri e propri assassinii mirati.
E di quale mondo "russo-ortodosso” si potrebbe parlare dopo aver praticamente cancellato la Bielorussia, dopo aver fatto la guerra alla Georgia, dopo aver scatenato una brutale aggressione contro l’Ucraina per mano dei mercenari di guerra non solo russi, ma anche ceceni (e questo dopo i ...[continua]
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