Nicola Laieta, attore e regista teatrale di Napoli, collabora con i "Maestri di Strada” dal 2006, occupandosi di progettazione e laboratori teatrali.

Come hai iniziato a collaborare con "Maestri di Strada”?
Ho iniziato affiancando il lavoro di progettazione; sono laureato in Economia, con specializzazione in gestione delle organizzazioni non profit. La mia prima passione è sempre stata il teatro, cui mi sono affacciato dapprima frequentando dei laboratori, poi diventando attore professionista. Dopo diversi anni da attore, uno dei registi per cui avevo lavorato,  Marco Martinelli, è stato chiamato a lavorare a un progetto per gli adolescenti di Scampia, "Arrevuoto”, cioè "rivoluzione”, nato durante gli anni della faida e tuttora attivo. Confrontandomi col suo metodo della "non-scuola”, ho appreso cose che poi mi sarebbero servite molto in seguito, come il confronto con i grandi classici attraverso l’improvvisazione dei ragazzi. Così, una volta in "Maestri di Strada”, ho contribuito all’attivazione dei laboratori teatrali.
Come si svolgono i laboratori teatrali?
Fino al 2012 abbiamo tenuto i laboratori nelle scuole, ma lì il setting sembra fatto apposta per danneggiare la qualità del lavoro e la concentrazione dei ragazzi. I motivi sono diversi: la poca manutenzione degli spazi, che fa sì che si lavori in ambienti poco accoglienti, che rimandano a un’idea di abbandono; poi ci sono le continue interruzioni da parte degli insegnanti, dei collaboratori scolastici, dei tecnici; infine, l’arte è spesso utilizzata come "diversivo”, piuttosto che come una capacità che valorizza i curriculum dei ragazzi.
Dal 2012 dunque abbiamo creato dei "laboratori territoriali delle arti” in un centro di aggregazione giovanile del Comune di Napoli, l’"Asterix” di San Giovanni a Teduccio dove, attraverso un sistema di navette, una volta a settimana portiamo i ragazzi di varie scuole medie. "Asterix” è diventato un luogo centrale per tutta l’esperienza dei "Maestri di Strada”; là, possiamo fare un vero e proprio brodo di coltura delle metodologie in connessione col territorio reale. Avere un luogo di attività decente e accogliente per i ragazzi, inoltre, valorizza il loro lavoro, gli trasmette sin da subito un messaggio di attenzione.
Questo è importante anche per ottenere la concentrazione dei ragazzi, che partecipano solo se fortemente motivati non solo ai laboratori, ma anche a cercare una mediazione con l’adulto. In più, nei laboratori territoriali possiamo far incontrare giovani di diverse fasce d’età e provenienze.
Assieme ai laboratori per gli adolescenti ne abbiamo attivato anche uno per ragazzi più grandi, che si sono resi disponibili a un’attività di restituzione alla comunità, diventando attivi nel campo educativo. Sono diventati "peer educator”, educatori "alla pari”. Negli anni, questo gruppo di "peer educator” si è costituito nell’associazione "Trerrote”.
Credo sia questo lo strumento adatto a creare una comunità di adulti che possa diventare un collante sociale, lasciare qualcosa alla comunità, altrimenti anche gli interventi migliori finiscono per essere semplicemente delle "prostituzioni” finanziarie: "Faccio laboratori di teatro perché è uscito quel particolare bando”...
Per fortuna ho incontrato dei giovani "peer” che hanno avuto il coraggio di impegnarsi senza lasciarsi andare alla depressione per cui tramite l’arte sarebbe impossibile accedere al lavoro o, al contrario, cedere all’esaltazione per cui per chi davvero si ritenga un grande artista, l’unica strada è andare a New York, là dove verrà riconosciuto professionalmente al massimo livello.
Dicevi che la "squadra” che segue i ragazzi in questi laboratori è un gruppo composito. Che figure ne fanno parte?
Ai "Maestri” crediamo che l’unica maniera per essere accoglienti con tutti sia tenere monitorato lo stato emotivo del gruppo, comprendere le dinamiche che lo animano.  Lavorando con gruppi così complicati di adolescenti c’è la necessità di un contenimento emotivo, perciò è bene che le figure che li affiancano siano diverse nel numero e nella funzione. Oltre ai "peer educator” abbiamo degli esperti, professionisti riconosciuti nell’ambito cittadino. Chi porta un "saper fare” ai ragazzi è una figura di mediazione, perché è attraverso quel che "so fare” che si entra nella società. Questi vengono affiancati da assisten ...[continua]

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