Tutto è cominciato dall’ondata immigratoria del 2011...
Barbara Ponti. Nel 2011, davanti agli sbarchi e all’emergenza creatasi in Nordafrica, abbiamo iniziato a interrogarci su cosa potevamo fare. Eravamo un gruppo di amici e conoscevamo un’esperienza di accoglienza realizzata dall’Associazione Amici di Marta Larcher a Bresso, così siamo andati da loro per farcela raccontare meglio e abbiamo capito che quella era un’esperienza realizzata solo da volontari, senza operatori pagati. In aggiunta, una di noi, un’assistente sociale, aveva già operato a lungo nella gestione e accoglienza di migranti tramite il suo lavoro per l’Associazione Farsi Prossimo. Poi c’è stata l’occasione di poter affittare un appartamento di proprietà di un signore che da tempo ci conosceva e ci seguiva e così abbiamo cominciato.
Stefano Viganò. Questa decisione viene presa al termine di una serie di incontri di lettura della Bibbia sul tema dell’accoglienza. L’Associazione del volontariato di Arcore è nata nell’84, ha un’ispirazione cristiana però non è confessionale, anzi, una sua caratteristica fondamentale è proprio quella di riunire e far collaborare tra loro persone credenti e non credenti.
La nostra associazione ha costituito due cooperative sociali e una fondazione, con oltre 150 volontari e circa 40 operatori professionali. Abbiamo deciso che dell’accoglienza degli immigrati se ne occupassero solo i volontari; volevamo che persone non necessariamente esperte avessero un’occasione per lavorare su questo, senza limitarsi allo spontaneismo e al buon cuore. Inizialmente abbiamo accolto donne, ma subito abbiamo capito che era più complicato rispetto ai maschi. La casa era lontana dal centro città, dove è più facile muoversi autonomamente e dove ci sono più reti di aiuto e, in più, le persone che ci venivano proposte avevano delle situazioni troppo complesse per essere seguite solo da volontari. Così dopo poco abbiamo scelto di rivolgerci agli uomini, più numerosi e con situazioni meno complicate da gestire.
Barbara. Abbiamo aperto l’8 dicembre del 2012, quando sono arrivate le prime due donne in accoglienza. Dopo questa prima esperienza abbiamo subito virato sugli uomini. Dopo circa un paio di anni abbiamo incontrato Gemma e Lele con l’Associazione Natur& e da lì il progetto si è sviluppato e arricchito.
Stefano. Noi da subito volevamo fare questa attività come volontariato e abbiamo cercato l’appoggio di un ente, in cui ci fossero professionisti attivi, che ci sostenesse perché il compito era molto complicato. Però, al di là dei contatti, non siamo poi riusciti a stringere un legame, a sentire un’affinità. Tutto questo lo abbiamo trovato con un’associazione fisicamente non vicina, a Seveso, che avevo avuto modo di conoscere tramite Lele Galbiati. Ci siamo incontrati nell’ambito del Csv, Centro servizi volontariato di Monza e Brianza, e da lì è nata una collaborazione che poi si è potenziata.
Il clima attorno a noi comunque non era facile, è capitato per esempio che delle forze politiche contestassero la scelta delle parrocchie di sostenere il progetto con le offerte.
Un altro episodio, che purtroppo non dimenticherò, è accaduto quando si è trattato di coinvolgere i migranti nel Piedibus, un servizio di volontariato per portare tutte le mattine i bimbi a scuola. Alcune forze politiche si sono opposte e hanno distribuito per tutta Arcore un manifesto con un uomo nero che accompagnava un bambino.
Stephan Greco. Noi siamo una piccola
realtà della Brianza che esiste da 13 anni, ci siamo sempre occupati di politiche giovanili, progetti socio-educativi nei circoli di aggregazione giovanili e nelle scuole, prevalentemente sul territorio di Agrate, ma non solo.
Nel 2015, però, a fronte della nuova ondata migratoria e di come veniva gestita a livello di politiche emergenziali, anche sul nostro comune, noi, che come realtà locale, oltre che di giovani, ci siamo sempre occupati anche di multiculturalità, di inclusione e integrazione, che abbiamo dato vita alla festa dei Popoli e alla consulta migranti, abbiamo ritenuto di dovercene interessare in prima persona. Ci siamo così inseriti nella r ...[continua]
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