Hai paragonato la persecuzione dei bosniaci a quella antisemita contro gli ebrei. Puoi parlarcene?
I bosniaci si paragonano agli ebrei. È il primo dato che dovrebbe impressionare. I musulmani bosniaci -cosa strana per dei musulmani, se lo stereotipo islamico funzionasse- si considerano, e si proclamano tra loro, l’equivalente contemporaneo degli ebrei, del loro destino, ivi comprese espressioni di puro sfogo, di speranza di rivalsa futura: "adesso soffriremo per chissà quanti anni, ma poi troveremo il momento del nostro riscatto, troveremo la nostra Israele”.
L’altro dato impressionante è che i bosniaci musulmani vengono trattati dal mondo civile tutt’al più come un capitolo della questione islamica. Anche da questo punto di vista vengono trattati
malissimo. Se si trattasse di questione islamica, che, si sa, è esplosiva e riguarda il destino dell’intero pianeta per le prossime due generazioni, bisognerebbe almeno trattarne bene il capitolo più prossimo e più esplosivo, se non altro geograficamente.
Già così, i paesi occidentali che si proclamano civili, più attenti ai diritti dell’uomo, alla democrazia, alle libertà, avrebbero seguito una linea suicida, lasciando in balia delle aggressioni, della violenza bruta una specie di ènclave musulmana, di appendice islamica nel mondo contemporaneo europeo.
La verità è che i musulmani bosniaci non sono un capitolo della questione islamica. La verità principale, secondo me, è che i bosniaci musulmani, e in generale i bosniaci, che poi oggi sono costretti a dichiararsi musulmani, spesso contro la loro stessa intenzione, hanno una storia, da quando l’impero turco se ne è andato da queste terre, caratterizzata dal fatto di essere una minoranza culturalmente, ma non etnicamente, connotata. Questo destino di minoranza incide moltissimo sulla storia delle popolazioni, del loro modo di sentire se stesse e del modo altrui di sentirle al proprio interno. Allora, in questa storia loro sono stati una minoranza, spesso perseguitata e maltrattata. Vi segnalo un libro, intitolato Il genocidio contro i musulmani in Bosnia-Erzegovina, scritto da Vladimir Dedjief, che è stato un compagno di Tito, un atleta formidabile, un partigiano, un comunista tendenzialmente eterodosso, che ha scritto una biografia di Tito, che ha scritto un libro famoso sul 1914, che era un uomo notevole. Ebbene, questo volumone è pieno di pagine di indici di nomi di assassinati, di fotografie, esattamente come in altri di questi repertori tragici. Ma già il titolo di un libro del genere, scritto da un non-musulmano, da un comunista, scritto in anni non sospetti, negli anni Cinquanta credo o all’inizio degli anni Sessanta, mi sembra un campanello d’allarme enorme. La furia dell’odio che i loro vicini hanno messo in campo contro i musulmani bosniaci è la stessa con cui si è manifestato il razzismo più profondo e invincibile della storia, in particolare della storia moderna.
Schematicamente si può distinguere fra due tipi di razzismi. Da una parte il razzismo che fa disprezzare, odiare e se possibile cancellare, sopprimere, e violentare il proprio prossimo, in quanto radicalmente differente da noi; un razzismo dettato da un rifiuto radicale della diversità, persino fisica, somatica, o di costumi, di lingua. Se io sono bianco e il mio prossimo è nero, io lo considero uno sporco negro e desidero buttarlo fuori. C’è un razzismo invece molto più profondo, molto meno controllabile e sradicabile, che tocca nervi molto più scoperti, che è il razzismo che fa odiare con tutto il proprio furore, con tutta la propria forza il prossimo sentito come simile, un altro di cui si avverte l’assoluta somiglianza con se stessi ma anche, al tempo stesso, un’eccezione, un’anomalia inafferrabile, incontrollabile, una differenza da sé che spesso si presenta come superiorità rispetto a sé.
Il paradigma di questo secondo razzismo è l’antisemitismo. L’ebreo è come te, solo che spesso è più intelligente, con una vocazione artistica migliore, più capace di fare soldi, di fare affari, più cosmopolita, più mobile. Nei suoi confronti scatta un meccanismo sia di incapacità di distinguersi da lui sia di frustrazione, di impotenza, di desiderio di rivalsa. E ciò spiega il particolare furore dell’antisemitismo. Dopodiché bisogna inventare degli stereotipi che cerchino di ricondurre la
differenza a dati fisici, materiali, connotabili, da manuale delle aberrazioni psichiatriche: si inventa l’ebreo dal naso adunco, s
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