Tu fai il medico dell’emergenza, del 118 si può dire. Possiamo incominciare raccontando come sei arrivato a questa scelta.
Ho iniziato come la maggior parte dei medici della mia età, facendo la guardia medica, poi, quando partì il sistema dell’emergenza preospedaliera, ne fui affascinato. Per questo motivo ho fatto tutto il percorso dei corsi abilitanti del 118. Ricordo che andando via da Portoferraio, dove facevo la guardia medica, salutai tutti quanti dicendo: “Io tornerò qua come medico dell’emergenza”. E così fu. Tornai lì nel 2000 a fare questo mestiere che ancora amo e mi porto addosso. In quella sede il medico faceva sia 118 che pronto soccorso: a seconda dell’orario della giornata ero sull’ambulanza con i soccorritori oppure in pronto soccorso. Devo dire che mi è stato molto utile. Ho potuto completare la mie competenze, che altrimenti rischiavano di rimanere parziali perché all’oscuro di ciò che accadeva oltre la porta del pronto soccorso. Il 118 infatti non è lo stesso mestiere del medico di pronto soccorso. Esso è caratterizzato dalla rapidità quasi convulsa con cui bisogna arrivare sul paziente, registrandone nel breve lasso di tempo i sintomi, per capire quali siano le cause che possono farlo peggiorare o addirittura morire. Si tratta di intercettare il problema, trattare i sintomi, quando possibile fare una diagnosi, arrivare alla stabilizzazione e trasportare il paziente al pronto soccorso o decidere di lasciarlo a domicilio.
Per poter fare questo già in autoambulanza o a casa, è estremamente utile avere esperienza della diagnostica che si adopera all’interno delle mura dell’ospedale. In caso contrario si corre il rischio reale di accontentarsi di caricare il paziente, portarlo al pronto soccorso e considerare finito il proprio compito. Il mestiere comporta invece che al collega che lavora in pronto soccorso venga consegnato il paziente con un trattamento già iniziato e un indirizzo per quello che sarà il suo futuro percorso di diagnosi e cura. Per me l’acquisizione di queste competenze è stata semplice perché ho potuto godere di questo doppio binario formativo. Poteva infatti accadere che arrivando all’ospedale con un codice rosso continuassi a seguire io il mio paziente e nel caso di una nuova chiamata di emergenza uscisse il collega che in quel momento era di turno in pronto soccorso. Questo permetteva una linea di continuità nel trattamento del paziente senza perdite di tempo.
Ma generalmente non è così...
No, questa non è la normalità. Di solito si consegnano al pronto soccorso i pazienti dopo aver cercato di fare al meglio il proprio mestiere. Se l’ospedale più vicino non ha le risorse adeguate per la cura, il paziente viene centralizzato.
Cosa vuol dire “centralizzato”?
Centralizzato vuol dire, ad esempio, che a seconda del tipo di trauma il paziente invece che essere portato al pronto soccorso più vicino (ma con minori e spesso insufficienti risorse), viene indirizzato al trauma center tramite l’elicottero o con l’autoambulanza.
Perché pochi medici scelgono questo lavoro?
Ci sono varie problematiche: una di queste è il rapporto costo/beneficio. Un medico che lavora sull’emergenza mediamente fa poche uscite per giustificare lo stipendio che prende; in 24 ore tocca pochi pazienti rispetto a un medico del pronto soccorso che ne vede uno ogni venti minuti. Si devono fare delle scelte, anche politiche. Ora questo sistema è stato un po’ rivisto cercando di migliorarne la qualità e specializzandolo sempre di più. Siamo passati dal medico, ex guardia medica che aveva fatto un corso di cinque mesi, su di un’autoambulanza, al medico con infermiere che lavorano sulle automediche e che, praticamente, portano il pronto soccorso al domicilio del paziente. Ovviamente è un sistema che costa molto e che, nell’ottica di un attento amministratore, può mal giustificarsi. Abbiamo assistito così a una riduzione del numero di medici sulle ambulanze con un ampliamento dell’area di copertura del territorio.
Poi va detto che attualmente, in diverse realtà, ci sono difficoltà a sostituire i medici che, per stanchezza, per esaurimento fisico, per patologie o per raggiunti limiti di età, scendono dal mezzo con sirena.
Forse perché fa paura la responsabilità visto che si devono prendere decisioni in pochi secondi?
Anche questo, certamente. Il trauma nel preospedaliero spaventa perché sei da solo dal punto di vista sanitario, poi c’è il pediatrico, c’è l’adulto e c’è ...[continua]
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