Francesco Lauria  è formatore e ricercatore del Centro Studi Cisl di Firenze e collaboratore del Centro Studi Pippo Morelli. Il libro di cui si parla nell’intervista è Sapere Libertà Mondo. La strada di Pippo Morelli, Edizioni Lavoro, 2021.

Chi era Pippo Morelli?
Pippo Morelli era un sindacalista di Reggio Emilia. Era nato nel marzo del ’31, avrebbe compiuto quest’anno 90 anni. È stato un protagonista di almeno quattro decenni di storia del sindacato italiano. È scomparso il 21 giugno del 2013, ma la sua vita pubblica è terminata il 7 marzo di venti anni prima quando, di ritorno da un viaggio di cooperazione in Brasile insieme a un suo amico, il prete-operaio Beppe Stoppiglia, venne colpito da un ictus dalle conseguenze molto gravi.
La sua era una famiglia molto inserita nel mondo del cattolicesimo democratico reggiano; il padre aveva collaborato con Don Sturzo; la sorella era suora, missionaria; una famiglia importante nella vita di Reggio Emilia. Il fratello più grande, Giorgio,  era stato un protagonista della Resistenza bianca, quella combattuta nelle colline e nelle montagne reggiane; giornalista, dopo gravi e forti polemiche con i partigiani comunisti, venne gravemente ferito in un agguato da cui non si riprese e morì il 9 agosto ’47. Siamo nel famoso triangolo rosso.
Qual è stato il suo percorso? Com’è diventato sindacalista?
Pippo Morelli si è laureato a Milano, in Scienze Politiche, con Mario Romani, ideologo della Cisl, collaboratore di Giulio Pastore. Già durante la tesi si era occupato delle classi subalterne, in particolare delle rivolte agricole nel reggiano tra l’Ottocento e il Novecento. Proprio l’incontro con Romani (e indirettamente con Dossetti) lo porta poi a entrare in contatto con la Cisl e a essere selezionato in un corso unico nella storia del sindacato e anche della Cisl: una sorta di master per giovani e brillanti menti, neolaureati, o figure significative; penso a Nicola Cacace, a Gianluigi Morini, ad altre figure. Un corso per formare degli esperti in supporto alla contrattazione aziendale. Nella seconda metà degli anni Cinquanta, in particolare nel 1957, la Cisl, attraverso la formazione, cerca di avverare le idee anticipate qualche anno prima, nel 1953; siamo in un’epoca in cui ancora non esiste una vera contrattazione aziendale nel nostro paese.
Per tre anni Morelli è assistente al Centro Studi Cisl di Firenze, uno dei fulcri della creazione concreta del nuovo sindacato, e lì conosce Pierre Carniti e Franco Bentivogli, che saranno poi amici di una vita.
A partire dal ’61, come altri sindacalisti di valore, tra cui diversi allievi di don Lorenzo Milani, si trasferisce a Milano, dove era in atto la costruzione di un sindacato generativo, di una vera e propria nuova cultura sindacale. Mi riferisco in particolare alla Fim guidata da Pierre Carniti, ma intorno a Carniti c’erano una serie di figure importanti, tra cui appunto Pippo Morelli, assieme a una grande dorsale di giovani delegati di fabbrica, che saranno l’ossatura di questo grande rinnovamento del sindacato italiano. In quegli anni cresce un’unità d’azione sempre più forte con la Fiom e la Uilm, finché appunto si arriva a iniziare un percorso di contaminazione e di unità sindacale. All’epoca nasce anche una rivista bellissima, ancora oggi di grande interesse, che verrà animata molto anche da Morelli, “Dibattito sindacale”, in cui si costruisce una nuova dimensione del pluralismo già presente nella Cisl. La riflessione culturale è accompagnata da una innovazione concreta dell’azione sindacale, dall’unità alla contrattazione aziendale, alla lotta contro i premi antisciopero, alla partecipazione diretta dei lavoratori. Inizia anche la battaglia per l’autonomia dalla politica e quindi la discussione, aspra, sull’incompatibilità -che non era prevista in nessuno dei sindacati italiani- tra incarichi sindacali e incarichi istituzionali. Morelli è considerato uno dei pensatori e realizzatori di tutto questo, supporta un po’ in tutt’Italia i percorsi contrattuali, anche al Sud, ad esempio all’Italsider a Taranto. A Milano si occupa in Cisl di temi molto innovativi: la formazione, ma anche una sorta di welfare territoriale: alcuni aumenti contrattuali venivano infatti parzialmente reinvestiti per finanziare percorsi di sindacato popolare nel territorio, quindi formazione continua, cassa per i lavoratori... sono i prodromi del famoso welfare ambrosiano.
Il ’68 è un momento di rottura nella sua biografia...
Nel 19 ...[continua]

Esegui il login per visualizzare il testo completo.

Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!