Guido Tonelli, fisico al Cern di Ginevra e professore di Fisica generale all’Università di Pisa, è uno dei padri della scoperta del bosone di Higgs. Nel 2012, per i suoi risultati scientifici, è stato insignito del titolo di Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana per meriti scientifici; nel 2013 ha vinto l’Enrico Fermi Prize. Tra le sue pubblicazioni citiamo: La nascita imperfetta delle cose (Rizzoli, 2016), Genesi. Il grande racconto delle origini (Feltrinelli, 2020), Materia. La magnifica illusione (Feltrinelli, 2023) e il recente L’eleganza del vuoto. Di cosa è fatto l’universo (Feltrinelli, 2025), di cui si parla nell’intervista.

Partiamo da un chiarimento lessicale essenziale: il vuoto è una cosa, oppure no? Dobbiamo intenderlo come pura assenza o ha una sua sostanzialità? In alcune parti del libro, lei parla di una “materialità” del vuoto, di uno “stato materiale”. Cosa ci dice la fisica contemporanea?
Questo è il nodo della questione. Nella vita di tutti i giorni, quando diciamo che qualcosa è “vuoto”, togliamo tutto. Il problema, in fisica, è che questo non è possibile, perché violerebbe le sue leggi fondamentali. Togliere tutto, in uno stato materiale, significa chiedere alle particelle e alle loro interazioni, che sono descritte da onde, di andare a zero. Ma nessuna particella e nessuna onda può essere zero permanentemente,  perché questo violerebbe il principio di indeterminazione di Heisenberg. Così, quando in fisica diciamo che la media dell’oscillazione di un’onda è zero, stiamo in realtà parlando di un vuoto apparente, che è in realtà ancora pieno di fluttuazioni, potenzialità ed energia. In quel vuoto sono compresse funzioni d’onda in opposizione di fase, che possiamo chiamare, di volta in volta, materia e anti-materia, luce e buio, silenzio e rumore. Come si può fare il buio con la luce sfruttando i fenomeni di interferenza fra le onde luminose, così sommando tra loro onde acustiche in opposizione di fase si può produrre il silenzio perfetto.
Nel libro uso varie analogie per spiegare questo concetto, che è l’opposto del concetto classico di vuoto come assenza, che continuiamo a usare. Il vuoto è in realtà un insieme gravido di potenzialità, come verifichiamo continuamente: qui al Cern, quando lo percuotiamo con l’energia, facciamo emergere dal vuoto particelle di materia e anti-materia, quotidianamente. Non è affatto un concetto astratto, ma una ­realtà che produce risultati, attività e tecnologie. 
Siamo solo agli inizi di una fase in cui più comprenderemo queste strane caratteristiche dello stato di vuoto, più ne ricaveremo tecnologie utilizzabili anche nella vita quotidiana.
Il vuoto è, mi permetta la metafora, come un grande pentolone che ribolle di materia. 
Esattamente così. Il vuoto è uno stato materiale che fluttua e oscilla, in una continua “schiuma quantistica”, come viene chiamata dai fisici: un’insieme di fluttuazioni microscopiche che riempiono quello che a noi appare uno spazio vuoto.
Nel suo libro chiama questo vuoto “elegante”: eppure questa schiuma quantistica, mi sembra il contrario dell’eleganza. Fluttuazioni quantistiche, materia-antimateria che si creano e si annichiliscono nel giro di pochi secondi... Dov’è l’eleganza?
L’eleganza sta nel fatto che sì, c’è un elemento caotico, casuale, quello che ha appena descritto; ma questo vuoto caotico risponde a delle regole. Per farlo capire, a volte faccio un paragone con le messe barocche dei grandi compositori del Seicento. Le regole erano precise: dovevi rispettarle e seguire una successione. Non potevi comporre una “Passione” allegra, dovevi seguire un canone emozionale. Tuttavia, all’interno di quelle regole rigide, i compositori barocchi avevano la libertà più assoluta. Questo somiglia a ciò che succede nel vuoto quantistico: ci sono elementi caotici che devono però rispettare delle regole, delle simmetrie. Non puoi estrarre dal vuoto una particella carica; il vuoto non può rimanere carico. Dal vuoto puoi estrarre solo un particella positiva assieme a una particella negativa. Come in Bach, hai un’armonia che nasce da alcune regole che vengono violate, e poi si deve tornare al punto di partenza. Questo lo trovo estremamente elegante.
La filosofia antica, come lei sostiene, aveva un pregiudizio nei confronti del vuoto, e questo stigma iniziale ha condizionato l’intero pensiero occidentale. Per Aristotele, ad esempio, il vuoto non esisteva; come diranno più tardi i latini, "ex nihilo ...[continua]

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