Elena Laurenzi è traduttrice e curatrice di vari testi della filosofa spagnola Maria Zambrano, fra cui quelli pubblicati in All’ombra del dio sconosciuto, edizioni Pratiche, quelli apparsi nel numero 279/1997 di "Aut Aut" dedicato a Maria Zambrano, pensatrice dell’esilio, e l’opera Dell’Aurora, che uscirà in aprile, per le edizioni Marietti.

Nel tuo interesse per Maria Zambrano, pensatrice poco conosciuta in Italia, all’analisi specificamente filosofica affianchi la ricerca biografica, quasi che il suo pensiero non fosse comprensibile se non in relazione con la biografia...
Uno degli aspetti che più mi affascinano di Maria Zambrano è proprio il fatto che la sua vita -una vita segnata dai lunghi anni di esilio dopo l’avvento del franchismo- si è sempre riversata nel suo pensiero e nella sua scrittura. Questo legame forte tra vita e scrittura in Maria Zambrano è esplicito, rivendicato: diceva che la vita ha bisogno della parola, perché è la parola che la "eleva", dichiarandone sia le vittorie che i fallimenti, e che di conseguenza la filosofia deve scendere dall’empireo delle idee per farsi cammino di vita.
In questo, la ricerca filosofica della Zambrano è nella linea della eredità di Ortega y Gasset, il suo "maestro". Ortega iniziava i suoi allievi alla ricerca della "ragione vitale": insegnava una filosofia che rispecchiasse le esigenze della vita, e che superando l’impasse dell’alternativa sterile tra vitalismo e razionalismo, si dedicasse alla conoscenza dell’uomo come essere intero. Ma direi che su questo terreno Maria Zambrano è andata oltre Ortega, perché la ricerca della ragione vitale per lei si esplicita in quella di un "logos" che scorre "en las entrañas". Entrañas è un termine intraducibile in italiano: significa "viscere", ma anche e soprattutto "nucleo", "centro", e ancora "anima", "cuore", "sentimento" e "capacità di sentire". Da questo bisogno di una conoscenza che nasca dal sentire e dall’intimità si sviluppa il percorso filosofico originale di Maria Zambrano, e anche la ricerca di altre fonti in quei "generi" che la modernità ha rigettato ai margini dalla letteratura filosofica, come le Meditazioni, le Confessioni, le Guide, gli Epistolari. Soprattutto si sentiva vicina alla tradizione delle "Guide", molto ricca in Spagna. Perché la sua è una filosofia profondamente contaminata con la vita, e che rivendica questa contaminazione. E’ una filosofia "compassionevole", come lei la definiva, un sapere dell’esperienza che nasce dalla vita con la vocazione di dedicarsi ad essa, di prendersene cura.
Dicevi prima che è stata molto segnata dagli anni di esilio...
Il suo esilio durò oltre quarant’anni, è quindi una dimensione fondamentale della sua esistenza. Ancora sotto il regime di Franco -soprattutto negli anni 60 quando la repressione interna sembrava ammorbidita- molti esuli rientrarono, ma lei si rifiutò sempre di farlo, finché la dittatura fosse rimasta in piedi. Ho trovato una lettera che José Bergamin, anche lui esiliato in Francia, le scrisse durante una visita a Madrid, nel 1954; Bergamin la esortava a rientrare anche solo per fare delle conferenze, ma anche in questo caso lei rifiutò. Rientrò in Spagna solo nel 1984, quasi dieci anni dopo la morte di Franco. Trascorsero 10 anni dal passaggio alla democrazia al suo ritorno, e questo la dice lunga su quel passaggio, sul silenzio che continua ad avvolgere le vicende degli esiliati. Per Maria Zambrano l’ostacolo al ritorno in patria dopo il 1975 fu di ordine economico e materiale: aveva oltre 70 anni, era malata, quasi cieca, e non aveva nessun provento se non quello delle collaborazioni, divenute sporadiche, con riviste e giornali. In Spagna non avrebbe avuto di che vivere, mentre in Svizzera, dove risiedeva, godeva di un sussidio e dell’assistenza dei cugini Rafael e Mariano Alarcon. E’ stato solo grazie alla mobilitazione di un gruppo -dapprima molto ristretto- di intellettuali spagnoli che trovavano scandaloso che questa grande filosofa dovesse ancora vivere esiliata e pressoché sconosciuta in patria, che Maria Zambrano ottenne i primi riconoscimenti accademici, onorificenze e premi, e infine un vitalizio governativo che le permise di rientrare. Curiosamente, la mobilitazione per Maria Zambrano partì da un gruppo di universitari andalusi, motivati soprattutto dal senso di appartenenza alla propria terra -Maria Zambrano era nata a Velez Malaga, in Andalusia, appunto. Per questo, morendo, Maria Zambrano ha lasciato tutti i su ...[continua]

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