Per motivare la sperimentazione sugli animali si è sempre detto che salva vite umane. Come stanno le cose in realtà?
Innanzitutto va subito chiarito che quando si sperimenta su un animale spesso si esegue una serie di operazioni non corrette proprio dal punto di vista scientifico. L’errore riguarda il modello meccanicistico, che considera l’animale una macchina e lo usa per studiare l’uomo. I presupposti sono evidentemente falsi. Ma la procedura è ormai radicata. Si prende un animale, lo si mette in una gabbia, e infine lo si costringe a svolgere delle attività specificamente umane, per esempio lo si fa fumare, o gli si fanno ingerire cibi e farmaci che mai assumerebbe in natura. Sullo sfondo c’è anche un’ulteriore forzatura che consiste nel privare l’animale dei suoi normali rapporti con individui della sua specie e di specie differenti. Per cui se è un predatore non può più predare, smette di procurarsi il cibo da solo, smette di avere rapporti sociali e sessuali con altri individui. E’ in una gabbia, limitato, senza i suoi spazi, senza il suo territorio. Insomma, gli vengono negate tutte le attività cui è predisposto per eredità genetica, o per abilità acquisite nel corso della sua vita. E’ chiaro che in queste condizioni quell’animale perde molte delle sue caratteristiche peculiari. Ogni animale vive in quanto è in relazione con il suo mondo. Senza un apporto dall’esterno di materia sotto forma di energia, che può essere cibo, o calore, non è in grado di compiere neanche le azioni più banali. L’animale in gabbia è privato anche di un normale flusso di informazioni dall’esterno. Un animale in queste condizioni, soprattutto se è un animale superiore, reagisce a qualunque stimolo in maniera alterata. Per esempio, non ha più voglia di vivere, inizia a rifiutare il cibo, si lascia morire, oppure presenta difese ridotte, in particolare quelle immunitarie. Insomma ciò che vorrei sottolineare è che, nella maggior parte dei casi, eseguire sperimentazioni su animali, vuol dire acquisire dei dati completamente fasulli.
Dulbecco, che non è un animalista, verificò che i topolini su cui sperimentava delle sostanze cancerogene, se tenuti in condizioni di vita normali, risultavano affetti da tumore in misura molto più ridotta rispetto ai topolini tenuti in gabbia. In fondo, oggi sappiamo bene che anche una persona stressata ha più probabilità di contrarre un tumore perché le sue difese si abbassano. La privazione della libertà, la privazione di stimoli è una delle prime cause di stress. Teniamo presente però, che è innaturale anche seguire ritmi di lavoro frenetici, stare in auto in fila per ore e ore, vivere in case che assomigliano più a gabbie che non ad abitazioni… Tutti questi sono fattori di stress anche negli animali. La complessità di un organismo animale in gabbia viene stravolta. E comunque, anche se l’animale venisse osservato nelle sue condizioni naturali, il risultato che si otterrebbe varrebbe esclusivamente per quella specie.
Una volta la sperimentazione animale, in mancanza d’altro, poteva essere un primo approccio per conoscere la situazione. Oggi questo tipo di sperimentazione vale solo in campo veterinario: per capire come salvare degli animali bisogna provare su animali. Ma in veterinaria non si andrà mai a fare esperimenti su un cavallo per sapere cosa succede in un cane. Noi invece pensiamo che si possano usare indifferentemente un cane, un cavallo, un maiale o un topolino per sapere quello che succede nell’uomo.
Per questo dire che la sperimentazione animale può salvare vite umane non ha alcun senso perché quando ho ottenuto un risultato su un animale, devo rifare tutto sull’uomo. Ci sono molto prodotti che sono velenosi, addirittura mortali, per l’animale e innocui per l’uomo, e viceversa. La penicillina, per esempio, non è stata provata sulle cavie, ma su dei topolini. Lo stesso scopritore assicura che se l’avessero provata sulle cavie avrebbero abbandonato gli studi, perché sulle cavie è quasi letale, e non si sarebbe mai provato un prodotto velenoso sull’uomo.
Il problema è che se io provo la stessa sostanza su quattro o cinque specie, ottengo quattro o cinque risultati differenti. A quali di questi dati differenti devo riferirmi per estrapolare quel valore all’uomo? In certi casi è simile all’uomo il dato del topolino, in altri quello della cavia, del maiale o del coniglio. Garantire che andrà tutto bene perché il prodotto è già stat ...[continua]
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