Di fronte all’attentato a Rabin, le indagini propongono l’immagine di un attentatore fanatico. Ci sono novità?
Fondamentalmente non credo alla teoria dei complotti, proprio come atteggiamento mentale. Perché con questa teoria si spiega tutto il mondo, ma in realtà non si spiega niente. Come è successo altre volte in altri paesi nella storia di questo secolo -nel ’20 in Germania fu assassinato Rathenau, nel ’21 in Polonia accadde una cosa analoga-, anche in Israele, prima che l’assassino entrasse in azione, c’è stata una campagna di odio -non trovo altre parole- da parte di certa stampa, e non solo. Con una aggravante, che non è facile far capire a chi non frequenta la società israeliana e la cultura ebraica: per gli ebrei il rapporto fra la parola e il fatto è molto più immediato che non, ad esempio, per i cattolici. Tanto è vero che la stessa radice dbr in ebraico significa sia discorso che oggetto. Cioè parola e oggetto in ebraico sono la stessa cosa. Allora, nelle manifestazioni di piazza la cosiddetta destra pulita, quella del Likud, ha portato manifesti con Rabin raffigurato nelle vesti di un ufficiale delle SS. In altri manifesti Rabin era rappresentato con la Kefiah palestinese, come se fosse un terrorista. Si tenga presente, inoltre, che la sigla dell’associazione di cui faceva parte l’attentatore è anche l’acronimo in ebraico dell’organizzazione di combattimento che guidò l’insurrezione nel ghetto di Varsavia. Se si aggiunge che certi ambienti religiosi, rabbinici, discutevano se a Rabin poteva essere applicata la legge del Talmud relativa a chi è un traditore o a chi mette in pericolo l’esistenza del popolo -e secondo il Talmud la pena per il colpevole di tali delitti è la morte- abbiamo un’idea del clima. Detto tutto questo, c’è poi da stupirsi se arriva anche la pallottola? Nel momento tutti si sono dimostrati sorpresi, ma oggi, col senno di poi, risulta incredibilmente evidente che sarebbe andata a finire così, che Rabin sarebbe stato ucciso. L’esistenza di un complotto bisognerà dimostrarla, ma che ci fosse qualche complicità è già chiaro, perché quando Igal Amir ha visto che quella sera sul palco c’era un cantante di sinistra ha detto: "Manca solo Dana International", che è un famoso personaggio, non si sa bene se uomo o donna. E l’ha detto in tono spregiativo, disgustato, provocando reazioni di assenso e di complicità fra i poliziotti incaricati del servizio d’ordine.
Qual è stata la reazione della destra israeliana?
In questo momento hanno la coda di paglia. C’è uno schieramento fanatico, fondamentalista, che è convinto che il Messia verrà, e quindi ogni cosa che succede è vista come un avvicinamento a quella data. E con questi c’è poco da capire o da spiegare, hanno un altro tipo di valori e basta. E poi c’è il Likud, la destra cosiddetta pulita, che in realtà non ha alcuna alternativa alla politica laburista. Non ce l’ha né rispetto alle tasse né rispetto alla pace. Rispetto a quest’ultima, l’unica cosa che riesce a dire è che il governo mette in pericolo l’esistenza dello Stato d’Israele. Ciò naturalmente non è vero, è pura propaganda, ma questo ora non ci interessa. Quello che ci interessa è la saldatura immediata con la destra fondamentalista che dice la stessa cosa e, in modo più fanatico, è disposta a tutto per scongiurare il pericolo che vede. Oggi si rendono conto, nel Likud, di avere esagerato, dicono che non si aspettavano una cosa del genere, si dichiarano dispiaciuti e in Parlamento si sono astenuti dal criticare il governo. Sono in cerca di una legittimità messa gravemente in questione. Da un po’ di tempo in Israele c’è la mania, importata dall’America, degli speakers, di quelli cioè che montano degli altoparlanti sull’auto e poi se ne vanno in giro a dire quel che vogliono. In genere dal tipo di auto si capisce anche l’orientamento di questi speakers, comunque ce n’erano molti che dicevano cose del tipo: "non ce ne andremo mai dal Golan", "Hebron è ebraica". Ecco, dopo l’assassinio di Rabin, questo tipo di speakers è sparito. Io ne ho visto uno solo. Quelli che continuano a girare dicono: Shalom haver, che significa "addio compagno", "addio amico". Questo per dire che la destra, dopo l’assassinio, ha avuto il problema della propria legittimità. Ed è un problema che ha ancora.
Peres ha sufficiente credibilità?
Peres ha le stimmate dell’uomo non credibile, è vero. Rabin non era né colomba n&ea ...[continua]
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