Alessandro Dal Lago è ordinario di sociologia dei processi culturali a Genova. Con l’editore Feltrinelli ha pubblicato il saggio Non persone. Emilio Quadrelli, coautore dello studio presentato, insegna sociologia a Genova.

State scrivendo un libro “sul crimine” nel territorio genovese. Come nasce questo progetto?
Quadrelli. La ricerca è un tentativo di descrivere, analizzare, e mettere a fuoco alcuni modelli della città illegale, non visibile, non legittima. C’è un mercato di “servizi illegali”, un’offerta, e quindi c’è una città che compra e una che vende. La città che compra è quella legittima, del cittadino; quella che vende è la città illegittima. Qual’è la relazione tra questi mondi? Dal punto di vista delle analisi scientifiche, sociologiche, viene prodotta una serie di materiali infiniti sulla città legittima, sugli attori istituzionali, e pochissimi lavori sugli attori sociali; quando ci sono, le ricerche che riguardano gli attori sociali problematici, i cosiddetti devianti, marginali, l’ombra della città, spesso sono lavori che li mostrano attraverso il filtro di un percorso istituzionale. Si parla degli attori sociali dopo che questi sono stati presi “in cura” dalle istituzioni: si parla della prostituta inserita in un percorso di protezione, di riscatto, attraverso tutta una procedura poliziesca ma non solo; non si parla della prostituzione così com’è. Pensiamo anche a tutte le inchieste relative all’ambito della droga: di solito si prende l’ex-tossicodipendente, o in via di recupero, e se ne scrive una biografia, che è fortemente segnata da un’esperienza istituzionale. La grossa ambizione di questo lavoro, allora è forse quella di descrivere, e soprattutto far raccontare, gli attori sociali a partire da quello che può essere un grado zero, un livello non mediato da un passaggio istituzionale. Raccogliere storie di vita, interviste, etc., non dico dare la parola agli attori sociali, ma provare ad occuparsene attraverso quelle che sono le loro procedure, più o meno legali. Descrivere questi mondi nel momento in cui agiscono, nel momento in cui entrano in relazione con la società civile ,ma non mediati da un percorso di recupero. Quindi la prostituta o il travestito che si prostituisce, il tossico che si droga etc., dedicando molta attenzione a quelli che sono i fenomeni illegali, ai modelli di criminalità esistente, e al ruolo che i nuovi attori sociali, cioè gli stranieri, giocano, cercando non tanto di decostruire gli stereotipi consolidati, ma di fare un lavoro di verità in senso foucaultiano. Non ci siamo proposti di decostruire l’idea dell’immigrato criminale; semplicemente siamo andati a cercare quali sono le procedure criminali ed illegali che attraversano la nostra città, attraverso l’agire degli attori sociali reali. Ci siamo chiesti in che modo questi interagiscono con la cosiddetta città legale, scoprendo che le relazioni tra città legale ed illegale sono molto più fitte di quello che possa sembrare.
Dal Lago. Nell’ambito dei “servizi illegali”, gli stranieri, fondamentalmente, dal punto di vista economico, si occupano di mercati marginali. La parte importante di questi mercati è infatti gestita da autoctoni. Lo si può descrivere così: su un asse tu hai che il prodotto di queste attività sanzionate legalmente è per oltre il novanta per cento nelle mani di italiani, che si tratti di sostanze proibite piuttosto che di rendita della prostituzione; salvo i “mercati di nicchia” che sono in mano agli stranieri, come la prostituzione delle albanesi (lì i soldi vanno in mano agli albanesi), ma per la prostituzione stanziale, la rendita dominante è in mano a gruppi della criminalità locale, italiana. Poi c’è un asse trasversale, quello della visibilità, per cui risulta esattamente il contrario.
Concretamente, in che modo la descrizione si applica a Genova?
Dal Lago. Riguardo alla nostra città, si può utilizzarla per i due diversi mercati, del gioco d’azzardo e della prostituzione. Il gioco d’azzardo, di cui nessuno parla, è un’attività totalmente controllata dagli italiani, che assorbe un reddito di gran lunga maggioritario: nell’insieme del reddito derivato da attività illegali costituisce almeno l’ottanta per cento. Ma questa percentuale diventa completamente invisibile perché è innestata nella società diciamo “legittima”, nel modo ordinario, quotidiano di gestione di questi mercati. Per cui c’è un doppio discorso: quello in rapporto a chi guadagna cosa nelle attività sanziona ...[continua]

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